La tassa fantasma per le gite scolastiche

«Spendere meglio», magazine per i consumatori fondato nel 1996 dal giornalista Matteo Cheda, ha dedicato l’inchiesta di copertina del numero di agosto 2019 a una tassa che le scuole medie ticinesi, di proprietà del Cantone, prelevano iniquamente ai comuni.

Il servizio, firmato da Michele Lepori e Michele Sedili, titola: Allievi discriminati. E aggiunge: I comuni ticinesi versano alle scuole medie contributi molto diversi per le passeggiate.

Riassume il direttore, in una sorta di editoriale nell’ultima di copertina: Secondo il cantone, sono i comuni a decidere liberamente gli importi per le gite di studio. In realtà i comuni si adeguano alle richieste delle sedi scolastiche.

Tutto vero

La denuncia di «Spendere meglio» è fondata. Proprio un anno fa la tassa ha festeggiato i quarant’anni di vita – in silenzio, come s’addice agli umili e agli omertosi, benché i genitori legittimi non siano mai stati individuati. Cioè a dire: è una tassa concreta, che non è supportata da nessuna decisione politica e di cui, quindi, non c’è traccia nella legislazione della repubblica.

Avevo scoperto questa tassa quando ero direttore delle Scuole comunali della mia città (v. qui), per quanto fosse sotto gli occhi di tutti i comuni ticinesi, che la tassa la votavano insieme ai conti preventivi e a quelli consuntivi, al capitolo «Scuole», sotto una voce tipo Sussidi alle scuole medie per attività culturali e gite di studio. Il bello è che ci ero incappato un po’ per caso, un anno in cui la Città aveva ridotto l’importo destinato all’organizzazione dei periodi di scuola fuori sede dei suoi allievi, cioè, nella fattispecie, quelli di 3ª, 4ª e 5ª elementare delle scuole di Locarno. Proprio quell’anno una delle sedi di scuola media aveva chiesto alla Città un adeguamento della tassa, se non sbaglio da 60 a 80 franchi per allievo. La richiesta mi era stata inoltrata per preavviso, forse per sbaglio. Era la prima volta che l’incontravo e non ne sapevo nulla.

Mi ero un po’ scandalizzato e per qualche anno avevo cercato di segnalare la questione tramite le vie di servizio, imbattendomi nella totale indifferenza del mio comune, della stragrande maggioranza dei miei colleghi direttori di scuole comunali e, immagino, anche degli altri comuni, tant’è che l’illegale balzello è ancora lì, cresciuto con l’avanzare dell’età.

Da dov’è sbucata questa tassa?

La nuova scuola media, votata nel 1974 dal parlamento, debuttò come scuola dell’obbligo proprio nel Locarnese nel 1978/79 (giuro che le diverse regioni del cantone non si erano picchiate per accaparrarsi il vernissage), se non sbaglio in sei o sette sedi: oltre a Gordola, che era una delle due sedi sperimentali, i nati nel 1967 furono iscritti in prima media nelle sedi di Cevio, Locarno (2 sedi), Losone (2) e Minusio. Chissà perché, Ascona non aveva preteso una sua sede.

È in quell’anno scolastico che ci si accorse di non aver pensato, nell’elaborazione dei conti preventivi, a un credito per finanziare, appunto, attività culturali extra e gite di studio. È in quel contesto che nacque spontaneamente, dai comuni del Locarnese, la tassa oggi segnalata da «Spendere meglio»: come atto di fiducia, che doveva essere limitato a quell’anno scolastico.

Per concludere

Naturalmente si potrebbero proporre molte riflessioni sulla definizione e l’applicazione pedagogico-didattica dei concetti di attività culturale, gita di studio, passeggiata scolastica. Ne avevo parlato nella mia rubrica sul Corriere del Ticino nel 2003: ho appena riletto quel pezzullo e mi sento di dire che ha mantenuto tutta la sua attualità (La grande ricreazione di fine anno).

Vedo dalla tabella pubblicata da «Spendere meglio» che gli importi sono cambiati e si sono diversificati. Non credo che le scuole medie che impongono tasse più elevate siano più sensibili alla cultura o al turismo scolastico delle altre. Quel che invece è sicuro è che la tassa è solo una porzione dei costi – e non si sa neanche qual è l’entità della proporzione.

Ma tutto ciò non deve scandalizzare, né portare a soluzioni affrettate e prêt-à-porter. La qualità dell’educazione (e della cultura) non si misura in franchi. La vera ingiustizia non sta negli importi disuguali imposti dalle diverse sedi di scuola media, perché poi, in un modo o nell’altro, ci si arrangia, alla faccia dei 16 franchi che, secondo il tribunale federale, è la cifra massima che le scuole possono chiedere alle famiglie per le gite scolastiche.

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