Un computer non potrà mai rimpiazzare gli insegnanti

La scuola è fatta di tanti momenti diversi. Ci sono le lezioni, gli spazi di lavoro individuale – un tema, un disegno, una lettura – e quelli da svolgere in gruppo – un’osservazione scientifica, un problema matematico complesso. Poi ci sono l’educazione fisica, quella musicale e le attività creative. Ma i tempi della scuola sono scanditi anche dalle esercitazioni: perché la tavola pitagorica conviene saperla a memoria e i calcoli, mentali o scritti, bisogna esercitarli, dai più semplici ai più complessi. Anche l’ortografia e la grammatica passano dall’esercizio, senza scordare quelle tante e variegate nozioni che, messe insieme, permettono di affrontare problemi complicati un po’ in tutti gli ambiti della conoscenza e della cultura.

Il computer è una macchina del tutto stupida, ma è in grado di proporre esercizi tenendo conto di diversi parametri, affinché il compito da svolgere sia sempre quello più utile e appropriato e senza scoraggiarsi. La buona pratica dice che se un esercizio è troppo facile o troppo difficile serve a poco o niente. Ogni esercizio dovrebbe essere un po’ più difficile dell’ultimo che si è riusciti a risolvere, ma sappiamo che assai spesso la realtà dell’aula è un’altra. Dunque un’applicazione informatica sensata offre un’opzione didattica win-win, vale a dire con vantaggi per l’allievo, perché le finalità dell’esercizio sono più efficaci e mirate, e per l’insegnante, che può così occuparsi di attività didattiche e pedagogiche più interessanti. Non da ultimo, il computer non dà le note, ma si limita ad applicare una rigorosa valutazione formativa: ti segnalo l’errore e ti aiuto a superarlo, oppure ti informo che si può passare a cose più difficili.

Il tema della valutazione mi porta a citare un esempio concreto. Nei primi anni della scuola elementare si impara a leggere. Una volta superato il primo scoglio, che è quello di decodificare il testo scritto, comincerà il lungo percorso per formare lettori adeguati, cioè lettori con un’ottima comprensione e un’altrettanto ottima velocità. Sappiamo però che moltissimi allievi manifestano delle difficoltà –  e il ventaglio è vastissimo – sin dai primi passi, accumulando in tal modo lacune che si ripercuotono su tutto l’apprendimento.

Su Scuola ticinese, periodico della divisione della scuola del DECS, è uscito recentemente l’articolo di tre ricercatori che hanno «messo a punto uno strumento per una valutazione ‘ecologica’ delle abilità di lettura e comprensione» di un testo. Si tratta di una serie di prove, da svolgere con un tablet, che consente di rilevare la natura delle difficoltà di ogni singolo allievo. «Capire a fondo come ‘funzionano’ gli allievi – scrivono i ricercatori – è indispensabile per poterli sostenere al meglio negli apprendimenti», cioè per intervenire con attività mirate.

Anche in questo caso, il computer ha la capacità di svolgere meglio un compito tutto sommato noioso. Ma non è una scatola magica. Puoi fargli suonare un notturno di Chopin, ma ci vuole il grande artista per restituirne l’emozione e la bellezza. Così è anche per la scuola: la macchina non può rimpiazzare l’insegnante, che continuerà a essere il regista del tempo scolastico, in modo che l’ambiente rimanga sereno e si arricchisca. Ma può rivelarsi un supporto prezioso, per migliorare alcune pratiche di routine e, nel contempo, per permettere al docente di occuparsi di questioni pedagogiche più sostanziali e piacevoli, a favore di ognuno.


Avevo già parlato della ricerca pubblicata su Scuola Ticinese, che ho citato anche oggi, seppur da un’ottica diversa (v. Le difficoltà di imparare tra ricerca e azione didattica, 15.04.2021): SARA GIULIVI, CLAUDIA CAPPA, MARCELLO FERRO, «Le difficoltà di lettura: limiti o soglie calpestabili?», in Scuola Ticinese,Periodico della Divisione della scuola Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, N° 339: Anno L, Serie IV, 1/2021, pp. 31-37

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