Educare un giovane non è come asfaltare una strada

Nei giorni scorsi la stampa ha dato un certo risalto agli esiti di una ricerca condotta dall’Università di Friborgo che ha tenuto in considerazione oltre 5’000 iscritti di sessanta licei svizzeri. Per quanto riguarda i quattro licei ticinesi gli esiti sarebbero scadenti. Ha scritto il Corriere del Ticino, citando l’ATS: «Una nuova classifica vede gli studenti ticinesi fra gli ultimi della classe. Questa volta nel mirino ci sono gli ex liceali che fra il 2004 e il 2007 hanno affrontato la prima serie di esami al Politecnico federale di Zurigo. In particolare, il liceo di Bellinzona si è classificato al penultimo posto (…). Lo rivela uno studio (…) che ha stilato una classifica dei licei in base ai risultati ottenuti dagli studenti neoiscritti nel corso del quadriennio in esame». Ultimi della classe?
Il liceo di Locarno e quello di Mendrisio hanno riportato una media di 4.3 e 4.2; il miglior liceo svizzero – il Rychenberg di Winterthur – è a 4.6, cioè tre decimi di punto in più di Locarno. Senza aver letto lo studio, il men che si possa dire è che si sia voluto sbattere il mostro in prima pagina con un po’ di disinvoltura, e forse con scopi non del tutto cristallini. Molte cose si potrebbero aggiungere, sulla scorta delle poche e sicuramente parziali informazioni riportate dai media. Ad esempio che se i liceali locarnesi avessero potuto affrontare gli esami del politecnico in italiano, magari avrebbero anche battuto i più blasonati coetanei del distretto zurighese, che hanno pure l’indubbio vantaggio di avere il politecnico dietro l’angolo. Non si scordi che per gli studenti ticinesi l’avventura in un ateneo svizzero comporta qualche intralcio supplementare, quali il metter su casa e l’acquisire competenze linguistiche che superano di gran lunga il tedesco o il francese scolastico (per sorvolare sullo Schwitzerdütsch).
Quella di misurare le scuole a suon di risultati è una moda dei nostri tempi. Ma i risultati – vale a dire quanto e cosa le scuole hanno insegnato e gli allievi hanno imparato – non sono l’unico parametro utile per definire la qualità di una scuola. Il famoso PISA, ad esempio, non si limita alle medie aritmetiche, ma scava a fondo sulla loro dispersione. La miglior scuola del mondo secondo PISA è caratterizzata sì da una media elevata, ma soprattutto dal fatto che una percentuale considerevole di allievi ottiene ottimi esiti. Così, tanto per capirci, nel rilevamento del 2000 incentrato sulle capacità di lettura, il 18% di allievi finlandesi si era accasato nel livello più alto e solo il 2% in quello più basso; per contro gli allievi messicani nella fascia alta erano solo l’1% e quelli nel sottoscala il 16%.
Puntare a mettere in classifica le scuole a suon di risultati è un modo pericoloso per affrontare il problemi dell’istruzione e dell’educazione. La finalità principale della scuola è quella di crescere dei cittadini, non quella di selezionare le élite. E allora, per tornare ai nostri licei, occorrerebbe chiedersi come mai dopo la scuola dell’obbligo un numero imponente di quindicenni sceglie la strada che porta alla maturità, salvo poi incappare in un altrettanto imponente fallimento durante i primi due anni del liceo: circa un terzo degli studenti non ce la fa. C’è di sicuro un problema di orientamento al termine della scuola dell’obbligo; nel contempo, non sappiamo dove finiscano i caduti del liceo e quelli che, ancor prima, non raggiungono neanche i livelli minimi per tentare la strada degli studi. Nell’ottica della formazione di tutti i futuri cittadini, dunque, risulta di fondamentale importanza lo sforzo dello Stato affinché la sua scuola sappia portare ogni allievo a dare il massimo delle sue capacità. Impegnarsi soltanto per i cervelli migliori, lasciando tutti gli altri al caso, è una politica che ha costi sociali molto elevati già a medio termine. Piuttosto che stilare classifiche converrebbe pensare a una scuola che sappia portare ognuno al limite estremo delle sue possibilità: perché la Scuola è un’Istituzione e non un qualsiasi servizio del quale è facile calcolare all’istante costi e benefici. Formare un cittadino consapevole, insomma, non è come asfaltare una strada.

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