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Una chiacchierata radiofonica

Martedì 10 febbraio ’15 ho preso parte a «Diritti e rovesci», il nuovo programma della Rete 1 della nostra radio in diretta da lunedì a venerdì, dalle nove alle dieci. Come recita la descrizione ufficiale, «Diritti e Rovesci vuole provare a “rovesciare” la tendenza comune, permettendo ai chiari e agli oscuri di definirsi (dapprima) e poi dialogare, per vedere dall’altra parte tracce di possibili contaminazioni interessanti. Insomma due ospiti, due opinioni da difendere e forse anche un accordo finale!».

Non è certo un programma di approfondimento. Credo tuttavia che non sia sano coltivare troppa puzza sotto il naso: dialogare con chi sosteneva la tesi a rovescio rispetto alla mia è stato divertente, e non credo inutile.

Si può ascoltare l’intera trasmissione – con la conversazione, le schede, i brani musicali – nel sito del programma: Educazione genitoriale rigida o educazione dolce (durata 50 minuti).

È tempo di auguri

Quasi dieci mesi fa, dopo molte titubanze, ho aperto Cose di scuola. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ho creduto utile creare uno spazio mio, per parlare a ruota libera di cose educative e scolastiche in un momento storico che, secondo la mia personale lettura del mondo della scuola e dei suoi dintorni, sembra soggiogato da tanti tecnicismi e da un conservatorismo che rasenta l’immobilismo, seppur travestito da immagini avveniristiche, benché ormai logore e rinsecchite: «la scuola cantiere perennemente aperto», «la scuola in cui investire per il futuro dei nostri giovani» e via metaforizzando.

Una-gocciaCon grande stupore, ho preso atto che in questi dieci mesi Cose di scuola è stato visitato oltre 10 mila volte, durante le quali sono state viste circa 25 mila pagine. È vero che i commenti pubblicati restano pochini, ciò che impedisce il dialogo (ma ricevo sovente commenti personali di chi preferisce non uscire sul balcone). È altrettanto vero che ogni articolo è solo una minuscola goccia, che probabilmente si perde nelle immensità degli oceani più noti. Ritengo che accanto alla bio-diversità ci sia posto anche per l’ideo-diversità.

Pochi giorni fa il nostro Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (insomma, mens sana in corpore sano) ha diffuso il suo progetto per il futuro prossimo: «La scuola che verrà». In pochi giorni abbiamo già letto le coordinate di quel che s’annuncia come un funeralone d’altri tempi, con la banda che strimpella la Marcia di Chopin e quattro pariglie di possenti frisoni che trainano il carro con le misere spoglie di un aborto. Non ci saranno le prefiche. I discorsi, invece, sì. Forse.

I Grandi Conservatori, i più furbi Gattopardi della nostra epoca, hanno già diffuso i primi bollettini medici. La prognosi è riservatissima.

Ma di queste cose avremo tempo di scrivere e parlare nei prossimi mesi.

Questi, invece, sono i giorni delle Feste, quando tutti si vogliono più bene. Lo si vede subito. Stamattina ho fatto un salto in città. Girava un sacco di gente che correva qua e là, come palline del flipper. Erano tutti talmente buoni, per via del Natale imminente, che sembravano gnomi della Bahnhofstrasse (quella di Zurigo, e quale sennò?) nell’incombenza di un crac di proporzioni epocali.

Tanti tanti auguri, ad ogni modo, a tutti quelli che, per scelta o per caso, conosciuti o sconosciuti, visitano questa mia piazzetta virtuale; e poi, magari, sorridono, annuiscono o smoccolano come si deve. Grazie, qualunque sia la reazione.

In pensione!

Permettetemi una scivolata un po’ personale, né politica, né accademica. Al termine dell’anno scolastico 2012-2013 ho ricevuto tanti omaggi e tanti riconoscimenti, alcuni dei quali del tutto inaspettati. Per riassumerli tutti mi piace pubblicare questa foto, che ha un posto speciale nel mio cuore. È un regalo degli stessi protagonisti dello scatto, che ho ricevuto durante un’indimenticabile serata al ristorante Vallemaggia (25 giugno 2013): incorniciata, in formato XL e con annesso biglietto con le firme di tutti.

Resta il mistero di capire come abbiano fatto a scattare questa foto in un tardo pomeriggio di primavera, senza che me ne accorgessi, benché fossi nel mio ufficio, a pochi metri da lì.

Da sinistra a destra, seduti: Chantal Canonica, Romana Vaerini, Sabrina Ballabio Morinini, Nerina Bonalumi, Silvana Fiori, Lisa Salmina, Francesca Sofia, Roberta Vanzetta Crotta, Luana Minoggio, Roswitha Caprara, Laura Regazzi, Anna Zaninelli, Patrizia Varini, Patrizia Ceschi, Angelo Morinini, Elena Jegen, Daniele Cuzzocrea, Daniela Santoni, Alessia Caporali, Erica Regazzi, Luce Quanchi, Beatrice Fransioli Valeriano, Paola Ernst. In piedi: Maria Rosaria Barraco, Fabio Dondina, Plinio Luconi, Sandra Tonon, Cristina Zeeb, Nathalie Bottani, Loris Frigerio, Silvia Conforto, Roberto Dazio, Elena Mazzoni, Romano Ottelli, Piergiorgio Mellini, Romano Albertini, Christian Vedova, Osvaldo Milani, Fiorenza Wiedmann, Daniele Laganara.

Il passaggio al pensionamento è stata un’occasione per riflettere, soprattutto perché questo cambiamento è nato da una decisione consapevole e non dal fatale arrivo del limite di età: è stato bello, ma ora togliti dai piedi. Non mi piacciono i bilanci che sanno di definitivo, non appartengo alla fitta schiera degli «Après moi le déluge!». Ho però pensato di raccogliere qui alcuni documenti che, forse, potrebbero interessare qualcuno: