L’ora di civica a scuola, un rattoppo?

L’ho firmata anch’io, a suo tempo, l’iniziativa dei giovani liberali per l’introduzione dell’ora di civica. Il bello delle iniziative generiche è che le possiamo sottoscrivere anche noi barbari. Non che fossi particolarmente in fregola per un recupero della civica allo scopo di tonificare la democrazia nel nostro Paese: chi ci crede più? Onestamente, penso che il ritorno della civica nella scuola media – e nei settori scolastici a seguire – sia un appariscente rattoppo per nascondere lo squarcio sul ginocchio. Come dire: l’introduzione della civica è un’evenienza pornografica – nel senso del surrogato.
Cerchiamo di capirci, sennò rischio l’imputazione d’incoerenza. Non sono chiare le motivazioni che hanno spinto gli iniziativisti ad iniziativizzare. Un motivo potrebbe essere legato alla vecchia pedagogia veicolata dal “Frassineto”, il decrepito testo di educazione civica in auge nella scuola ticinese fino a oltre la metà del secolo scorso. Cioè a dire: grazie allo studio del “Frassineto”, i nostri giovani conquistavano l’età della ragione nella consapevolezza critica della differenza tra potere esecutivo e legislativo, e con il complemento dell’Almanacco Pestalozzi mandavano a memoria i nomi dei Consiglieri di Stato e le regole della geometria. Così riuscivano a ripartirsi tra i diversi partiti di governo con statistica precisione: tot liberali, tot conservatori, tot agrari, tot socialisti.
Viceversa, la motivazione giovanil-liberale poteva risiedere nel debito di democrazia (di cui parla Edgar Morin) radicato nella cultura occidentale, dove la maggior parte delle persone non si occupa più di politica – e per completare le liste per l’elezione dei consigli comunali son cavoli amari.
Vediamo di chiarire. Si dice che il nostro è uno Stato di diritto. Il diritto, secondo il dizionario, è “l’insieme dei principi, inerenti al concetto di giustizia, codificato allo scopo di fornire ai membri di una comunità regole oggettive di comportamento su cui fondare una ordinata convivenza”. Detto così, sembra l’elogio della rettitudine. Nello stato di diritto i tre poteri canonici sono finemente separati e se il cane del mio vicino rende insonni le mie notti, posso rivolgermi al giudice – anche se il mio dirimpettaio è Leuenberger in persona. Ora succede che quasi tutti gli Stati fondati sul diritto si servano delle scuole per erigere il loro ordinamento. E qui sta il problema, perché nelle scuole non esiste il Diritto – almeno non per tutti. Gli unici forzati della scuola sono gli allievi, i cui genitori, se svizzeri, possono eventualmente operare le loro scelte essenziali attraverso l’esercizio della democrazia rappresentativa – ma siamo ovviamente dalle parti dei massimi sistemi. Nella pratica di ogni giorno, anzi, gli allievi godono di pochi diritti.
D’altra parte lo stesso Franco Celio, relatore in Gran Consiglio sull’iniziativa, ha chiosato di transenna come “… i programmi di storia, che ad esempio nella Scuola Media spaziano, temporalmente, dal Paleolitico ai giorni nostri. (N. d. R.: con una dote di due ore settimanali) sono molto carichi, per cui l’attuale dotazione oraria è appena sufficiente per consentire di trattare i principali temi…”. Davvero la situazione, a questo livello, dovrebbe farci riflettere: a furia di aumentare il monte-ore e i contenuti specifici delle cosiddette materie scientifiche e delle lingue a scapito dell’italiano e della storia, ci siamo accorti che i giovani (solo loro? e sì che il trend è iniziato una quarantina d’anni fa) si sono disaffezionati alla Politica. Però parlano molte lingue e dànno più facilmente del tu alle più disparate tecnologie.
A ben guardare il Gran Consiglio, in tempi recenti, si era già occupato dell’educazione civica. Quando aveva messo mano alla nuova Legge della scuola, nel ’90, aveva stabilito che “La scuola promuove […] lo sviluppo armonico di persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e di libertà”. Ora si dev’essere accorto che qualcosa è andato storto e così c’ha messo una pezza, sfruttando l’iniziativa generica dei giovani liberali. Mentre sarebbe stato più facile (si fa per dire) rimuovere qua e là qualche insostenibile garantismo, nell’intento di avvicinare le leggi dell’aula alle norme che regolano la civile convivenza: quella sì, sarebbe intensa educazione civica, senza neanche il bisogno di mercanteggiare con chi deve rimetterci del suo. In attesa dell’inglese.

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