Che ne è stato del 18 febbraio?

Povero Stefano! Fra cinque giorni sarà passato un anno dalla “storica” votazione popolare che aveva spazzato via le mene privatistiche arroventate da certo Ticino, ma le cose – in tutta schiettezza – invece che migliorare, come molti s’attendevano, sono peggiorate. Il direttore del Dipartimento dell’Istruzione e della Cultura, insediato da pochi mesi, aveva fatto il suo figurone: ai piedi del monumento al padre della popolare educazione ticinese aveva arringato le folle plaudenti: che sì, il Ticino liberale aveva dato una lezione ai conservatori, e che adesso avremmo messo a posto tutta la baracca.
Che ne è di quei fervori a un anno di distanza? Per prima cosa, un po’ dappertutto stanno spuntando mense e doposcuola. A parte la città di Locarno, che va controcorrente e chiude il suo, è tutto un fiorire di iniziative che contribuiscono ad esaltare la vittoria di un anno fa – dàndo così ragione a chi si chiedeva, nel pieno della campagna per la votazione, se si doveva votare per la scuola oppure per il tempo libero e la tavola apparecchiata. Nei giorni scorsi uno studente, probabilmente liceale, si lamentava con una lettera ai giornali per la pietosa fine che sta facendo il 18 febbraio; rievocava tra l’altro uno slogan del corteo di Bellinzona: “Privatizzare è privare, vaffa… a chi ci vuol provare!” e concludeva: “Cerchiamo di ricordarcene noi, perché il DIC sembra ci volti le spalle!”.
Öh, la pèpa! vien da esclamare. Ma ha proprio tutti i torti il nostro studente? Vediamo. Lasciamo stare l’asilo (pardon: la scuola dell’infanzia) e la scuola elementare: da quando il DIC ha fatto sapere di aver falciato quattro ispettori dal prossimo settembre, rimpiazzati dal potenziamento delle segreterie dei pochi ispettori rimasti, alle maestre e ai maestri non resta che affidarsi all’Alta Scuola Pedagogica, che andrà al voto granconsigliare proprio lunedì prossimo (toh! un altro 18 febbraio! che Dio ce la mandi buona!). È vero, molti sono i punti controversi. Ad esempio, c’è attrito tra i contendenti sulla sottomissione dell’Alta Scuola: al DIC o a se stessa? Visto come stanno andando le cose, c’è quasi da sperare che il DIC non controlli un bel niente: meglio la solita commissione paritetica, ché in medio stat virtus. Ma andiamo avanti.
La scuola media – che è ancora scuola dell’obbligo – continua imperterrita a bastonare i suoi studenti, un po’ con la storia dei livelli in matematica, francese e tedesco (chi alla fine della seconda non è in grado di seguire i cosiddetti corsi attitudinali in tutt’e tre queste materie, la scuola media superiore se la sogna), un altro po’ dimenticando quelle che sono le proprie radici storiche: l’istituzione della scuola media, negli anni ’70, ha spazzato via scuola maggiore e ginnasio, ma la nuova struttura ha smorzato “scientificamente” la libertà di scelta dei meno fortunati.
Nei licei, come scrive lo stesso studente di cui sopra, “… è in corso una riforma che sfavorisce il settore umanistico, che aumenta la selezione…” e che tende “…a sottomettere la formazione agli interessi del mercato”. Lapalissiano. Giorni fa ho girato nei siti internet dei nostri licei, alla ricerca di qualche interessante progetto umanistico, ma mi sono imbattuto solamente in programmi di matematica, di biologia, di chimica, di fisica. Per fortuna, se tutto andrà secondo i calcoli del DIC, tra non molto registreremo un risoluto colpo di reni: con la riforma dell’insegnamento delle lingue, forse potremo anticipare la selezione già alla scuola elementare. Grazie al potenziamento del francese fin dagli otto anni, si potrebbe inventare una media del 4.98 (prezzo innovazione) per accedere direttamente a nuovi corsi attitudinali della scuola media. Soprattutto dal punto di vista dell’economia – che è attualmente il fulcro verace della politica – la precoce selezione sociale permetterebbe di prendere i consueti due piccioni con una sola fava: si alleggerirebbe il liceo mandando a spasso quei due o tre insegnanti di italiano o di storia diventati ormai inservibili, e non vi sarebbero più problemi nel reperimento di lavapiatti, camerieri ed aiuto-cuochi (si sa, il Cantone ha vocazione turistica, ma meglio i nostri giovani degli immigrati, che non sanno neanche il dialetto; e poi: con quel minimo di sana autarchia occupazionale, abbasseremmo il numero dei senza lavoro e potremmo rispedire a casa un bel po’ di stranieri).
Insomma: chi un anno fa aveva votato contro la privatizzazione della scuola pubblica perché mosso da genuini slanci repubblicani, sappia che è stato raggirato. Si consoli sapendo che se anche avesse votato diversamente, per lui non sarebbe cambiato niente.

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