Il capo del personale e l’Incompiuta di Schubert

Non c’è più nessuno che scrive parabole, o almeno favole, con il consapevole e inevitabile intento pedagogico. Si sa cosa ne penso: Educare, per me, significa dare gli strumenti affinché il (futuro) cittadino sappia prendere le sue decisioni in modo libero e cosciente – poi che ognuno faccia come vuole. Per intenderci, sono lontano mille miglia dai metodi pedagogici delle dittature, tipo «Libro e moschetto» fascista perfetto.

Eppure, di tanto in tanto, capita che affiori qualche nuova parabola anche dalle acque confuse e limacciose del www e della (democraticissima) comunicazione smodata e ridondante, che può esser peggio di quella assiomatica della stampa di regime.

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La parabola che voglio proporre me l’ha segnalata un amico, un artista.

È un piccolo apologo che Mino Martinazzoli ha raccontato qualche anno fa un durante una conferenza. La favola narra del direttore generale di una grande società, che aveva ricevuto l’invito per assistere a un concerto che, in programma, contemplava anche la Sinfonia N° 8 in si minore di Franz Schubert, l’Incompiuta.

Il direttore generale non poteva andarci e allora regalò l’invito al capo del personale, che era un giovane laureato alla Bocconi, master in una London School. Questi si occupava anche di politica, sognava efficienza e giovinezza nella politica. E andò a sentire il concerto.

Il giorno dopo il direttore generale gli chiese se gli fosse piaciuto il concerto. Con tutto il peso di chi risponde da capo del personale, garantì che a mezzogiorno avrebbe avuto la sua relazione sulla scrivania.

Il direttore generale ricevette puntualmente la relazione e cominciò a leggerne con sorpresa il contenuto, che era diviso in cinque punti.

  1. Durante considerevoli periodi di tempo i quattro oboe non fanno nulla. Si dovrebbe ridurne il numero e distribuirne il lavoro tra il resto dell’orchestra, eliminando i picchi d’impiego.
  2. I dodici violini suonano la medesima nota. Quindi l’organico dei violinisti dovrebbe essere drasticamente ridotto.
  3. Non serve a nulla che gli ottoni ripetano suoni che sono già stati eseguiti dagli archi.
  4. Se tali passaggi ridondanti fossero eliminati, il concerto potrebbe essere ridotto di un quarto.
  5. Se Schubert avesse tenuto conto di queste mie osservazioni, avrebbe terminato la sinfonia.

Martinazzoli concluse: «Io vorrei vivere in un mondo nel quale si possa continuare a sentire l’Incompiuta di Schubert così com’è».

Joan Miró (1893-1983). Blu III, 1961, olio su tela cm 270 × 355
Joan Miró (1893-1983). Blu III, 1961, olio su tela cm 270 × 355

Non so voi, ma a me questa favola ricorda per troppi motivi la scuola di oggi, almeno quella descritta e vagheggiata da molti: spendibile, efficiente, utilitaristica, concreta. Realista.


Il passaggio della conferenza di Mino Martinazzoli è su YouTube, all’indirizzo https://youtu.be/7W_FyLP5Uy0.

Le immagini che corredano questo post sono del tutto inutili, almeno quanto l’Incompiuta di Schubert.

2 commenti su “Il capo del personale e l’Incompiuta di Schubert”

  1. Caro Adolfo
    è sempre un piacere leggerti, in questo momento mi viene spontaneo paragonare le tue riflessioni e pensieri alla breve leggera brezza nella notte, che ancora nel buio fitto annuncia l’aurora, l’inizio di un nuovo giorno. Si’, abbiamo bisogno di favole, parabole, cattedrali (l’orafo delle parole-treno di notte per Lisbona) nella vita, in particolare nel mondo della scuola. Più di una volta, (osservando in Piazza Grande, “salotto di Locarno” di riflesso il mondo della scuola nella pausa del mezzogiorno), ho l’impressione che gli specialisti di cose di scuola, scrivino e pensino bene solo per loro. Ultimamente in Danimarca dove la scuola è sempre attenta e attiva allo sviluppo di personalità “felici” leggevo: A scuola di empatia, si impara in classe a mettersi nei panni del prossimo. Forse un aiuto, un’idea per la scuola in Ticino, per i grandi cambiamenti nella vita di ogni giovane.
    Buona Vita.
    Graziano

    1. È vero, in Danimarca, come in altri paesi dell’Europa settentrionale, ci sono un’altra e un’alta visione della scuola, coerente col loro progetto di società. Pensiamo alla titolata scuola finlandese, ma anche all’Olanda, alla Svezia e alla Norvegia, ancorché questi sistemi scolastici, ritenuti ammirevoli ed esemplari, come i paesi che li producono, non riescono a evitare qua e là qualche sconquasso. Forse, però, converrebbe cominciare a studiarli e a imitarli, questi sistemi scolastici, invece di limitarsi a citarli.

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