Giovedì scorso si è tenuta in tutta la Svizzera la “Giornata delle ragazze”, promossa da 16+, “Progetto per i posti di tirocinio della Conferenza Svizzera delle delegate alla parità”, con l’obiettivo di ampliare gli indirizzi professionali e migliorare l’offerta di formazione rivolta alle ragazze.
Narrano le cronache locali che sei ragazzetti della scuola media di Losone sono scesi in sciopero contro la “Giornata”, organizzata a livello federale e appoggiata – tra gli altri – anche dal nostro DECS. Naturalmente i sei prodi non si sono limitati a incrociare le braccia e a esibire qualche cartellone (i reportage non dicono se hanno anche fatto un regolare corteo con tanto di slogan e picchetto all’uscita da scuola), ma hanno preteso la giusta copertura massmediatica. Ecco allora il comunicato stampa, che tra una banalità e l’altra butta lì: “Noi proprio non ne abbiamo capito il senso. Tutti, ragazzi e ragazze, abbiamo gli stessi diritti e vorremmo essere informati sul motivo di questa iniziativa”. L’estemporanea protesta non meriterebbe nessun ulteriore commento, se non si intrecciasse con due coincidenze che sono almeno singolari.
I sei ragazzi, che non vivono su qualche sperduto picco della catena himalayana, dicono subito che vorrebbero essere informati sui motivi dell’iniziativa e – come farebbe ogni sensato individuo di questo paese – organizzano una pubblica manifestazione, chiedendo lumi a mezzo stampa. La quale stampa non si lascia sfuggire il perverso giochino, pubblica ampi stralci del comunicato, manda il fotografo ad immortalare il sit-in e commenta un episodio che non si dovrebbe aver timore di definire una sciocchezzuola. I sei, quindi, non hanno raggiunto l’obiettivo di essere ragguagliati (tra l’altro: non si continua a ripetere che i giovani d’oggi sono informatissimi su tutto? che ne sanno una pagina più del libro? Eppure la promozione della “Giornata delle ragazze” è stata ampia e ben congeniata), ma solo quello di fare una piazzata.
Nel contempo, però, hanno trovato delle redazioni condiscendenti e acritiche, un direttore che rilascia dichiarazioni al limite della sviolinata e, c’è da esserne certi, qualche insegnante che ha cavalcato la pensata del sestetto e ne ha curato la regia ben celato tra le quinte. Questa sì, che è vera educazione civica – devono essersi detti tutti insieme – messa in pratica de visu, nel massimo rispetto di questi futuri cittadini, che avranno così imparato a non temere l’Autorità e ad impiegare gli strumenti che lo stato democratico – in piena era della comunicazione – mette loro a disposizione. Ma come spesso accade, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E così, proseguendo la lettura del comunicato stampa (altrimenti detto velina), si giunge finalmente al nocciolo della questione. Scrivono: “La maggior parte delle ragazze che ha accolto la proposta lo ha fatto per trascorrere una giornata diversa e per non venire a scuola”: che è poi quello che han fatto i sei monelli, forse rosi dall’invidia.
Come tutte le storie, però, anche questa offre qualche interessante spunto per il futuro. In effetti gli stessi organizzatori della “Giornata delle ragazze” potrebbero predisporre un’analoga manifestazione tutta dedicata ai maschietti, che avrebbero l’occasione di trascorrere un’intera giornata con le loro madri, così da dare ai ragazzi un’idea concreta del mondo del lavoro femminile, soprattutto quello sottopagato o non pagato per niente. I meno sfortunati potrebbero seguire passo passo il lavoro della madre casalinga, imparando come si scandisce una giornata certamente più lunga di un normale turno in ufficio o in officina: alzarsi prima degli altri, preparare la colazione, pensare al pranzo e alla cena. E tra una scadenza fissa e l’altra, occuparsi dell’aspirapolvere, del ferro da stiro, delle macchie d’orina sul WC, del bucato, delle fatture e degli acquisti. I più scalognati potrebbero sommare a tali liriche mansioni un po’ d’ore in fabbrica, al supermercato o alla casa per anziani: a quel punto, prima di mettersi a letto e posto che abbiano imparato qualcosa di utile, potrebbero offrirsi per rammendare un calzino o per attaccare un bottone, invece di agitarsi col joystick.
Certo, potrebbe essere umiliante – per riprendere un aggettivo del comunicato. Ma forse anche i maschietti riuscirebbero a capire almeno un qualcuno dei motivi che danno forza alla “Giornata delle ragazze”: ne prendano quindi atto la Conferenza Svizzera delle delegate alla parità e il nostro Ufficio per la condizione femminile: chissà che domani certi viziati adolescenti non decidano di imboccare la carriera dell’uomo di casa.