La scuola e il plenilunio di primavera

Neanche il tempo di smaltire il panettone di Natale e già le scuole saranno nuovamente chiuse per ferie. Già, perché i giorni grassi incombono, il mercoledì delle Ceneri è dietro l’angolo e, automaticamente, le scuole andranno in pausa per un’altra settimana a partire dal 29 gennaio. Ciò significa che dalla riapertura dopo le vacanze natalizie saranno trascorse quattro settimane giuste giuste, che fanno venti giorni di scuola – naturalmente senza contare le mezze giornate di riposo infrasettimanale.
Nel solco della medesima assennatezza, tra le vacanze di Carnevale e quelle di Pasqua si tirerà a campare per quasi sei settimane, prima del successivo letargo di dieci giorni. Com’è possibile uno scadenzario del genere nel XXI secolo? Facile: la Pasqua – festa mobile – cade sulla prima domenica dopo il plenilunio di primavera, ciò che porta alla conclusione che le teste pensanti del nostro dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, quando si tratta del calendario scolastico vanno in licenza e s’affidano ai cicli lunari. Se poi pensiamo che ’sto famigerato plenilunio trascina con sé quattro feste che cadono, a precise scadenze, su altrettante giornate normalmente feriali, il gioco è fatto.
Perché il calendario scolastico dipenda dai cicli lunari non è chiaro, a parte forse l’infingardo rispetto di una tradizione che affonda le sue radici nelle poche regole della società contadina, che è stata onestamente confinata nei diversi musei etnografici sparsi su e giù per il Cantone; ma che, nel contempo, ha lasciato una testimonianza tangibile e progredita nell’impostazione del tempo scolastico. In effetti, già si fa fatica a capire perché l’anno debba mettersi in cammino ai primi di settembre per terminare verso metà giugno, dopo trentasei settimane e mezza di scuola (quella mezza settimana non è una bufala, ma norma di legge); altrettanto enigmatico è il motivo per cui la scuola può riaprire e chiudere i battenti a metà settimana o giù di lì. Ma che le vacanze sboccino dalle fasi lunari ha dell’incredibile.
A che serve, abitualmente, un periodo di riposo? Beh, personalmente cerco di prendermi qualche giorno di licenza se sono stanco. Ma se fra un’ora qualcuno mi obbligasse a pianificare le mie vacanze fino al gennaio dell’anno prossimo, credo che farei in modo di distribuirle sulle seguenti 52 settimane, infischiandomene delle fasi lunari. Visto poi che non sono un agricoltore, me ne farei un baffo anche dei periodi di fienagione o di raccolta delle patate. Invece la scuola no, la scuola è superiore a queste cose: appunto per questo, invece di prevedere delle soste ogni tot settimane, si adegua alla luna piena e rispetta con devozione le neglette tradizioni cristiane di questo Cantone.
Nel frattempo un numero sempre più nutrito di famiglie si costruisce un suo personalissimo calendario scolastico, che si aggiunge a quello ufficiale per fare in modo, almeno parzialmente, di conciliare le prescrizioni della scuola con le esigenze professionali: c’è chi allunga le vacanze di Natale e chi stacca prima del tempo, chi sfrutta i ponti dell’Ascensione o del Corpus Domini, chi a inizio settembre è ancora chissà dove a ritemprarsi membra e meningi e chi ficca lì qualche congedo estemporaneo, magari solo per evitare i congestionamenti sulle piste di sci dovuti alle vacanze scolastiche. E noi intanto? Plenilunio!
Non facciamocene un cruccio: anche papa Gregorio XIII dovette sudare le proverbiali sette camicie per correggere l’anno giuliano, che superava l’anno solare di una manciata di minuti – una miseria rispetto agli squilibri nostrani. Sta di fatto che quest’anno, dopo due tappe corte corte, i nostri allievi si sobbarcheranno un tappone finale di undici settimane: per chi sarà confrontato con esami e valutazioni di rilievo saranno due mesi e passa di affaticamento e di tensione; per gli altri si può sin d’ora ipotizzare un dilatamento della grande ricreazione di fine anno, costellata e impreziosita da passeggiate, scampagnate e festicciole più o meno sagaci. Auguriamoci almeno che non piova.

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