È plausibile ritenere che l’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, più noto come HarmoS, diventerà del tutto operativo a partire dal 2016. Come riferisce la CDPE, la conferenza dei direttori dei dipartimenti dell’educazione di tutta la Svizzera, HarmoS entrerà in vigore a partire dal momento in cui sarà stato ratificato da dieci Cantoni e si applicherà quindi a quelli che l’avranno accettato. A quel punto i Cantoni avranno sei anni per adattare le loro strutture (limiti di età per accedere alla scuola, durata del grado di insegnamento) e per mettere in pratica gli standard di formazione. Tenuto conto che le adesioni sono già state dodici, manca dunque poco, molto poco, all’orario di partenza. Cosa stia facendo il nostro Dipartimento in vista dell’accordo è ancora, almeno per il momento, un enigma. Si sa solo che il limite di età per accedere alla scuola sarà gradualmente ridotto di un mese all’anno, così da passare, entro l’anno scolastico 2016/17, dall’attuale 31 dicembre al 31 luglio patteggiato. Poca cosa, insomma.
Intanto lo scorso 31 marzo, a Bellinzona, vi è stato un incontro di presentazione e discussione degli standard di formazione. Essi «descrivono le competenze fondamentali che i nostri giovani devono acquisire nella lingua di scolarizzazione, nelle lingue straniere, in matematica e scienze naturali, indipendentemente da dove vanno a scuola. Gli standard di formazione equivalgono pertanto a obiettivi d’insegnamento nazionali». Da Berna è giunto in quel di Bellinzona Olivier Maradan, il segretario aggiunto della CDPE, che in una cinquantina di minuti ha illustrato i punti essenziali degli standard in consultazione, sintetizzati in una documentazione che sfiora le quattrocento pagine. Poi i partecipanti a quel pomeriggio – associazioni di insegnanti e di direttori di scuole, organizzazioni dei genitori, rappresentanti dei settori scolastici post-obbligatori, associazioni di datori di lavoro e di lavoratori e altri ancora – hanno potuto tentare una prima entrata in materia, ripartiti in gruppi che si sono alternati con alcuni funzionari del nostro dipartimento. Questi avrebbero dovuto chiarire, spiegare, rispondere almeno ai quesiti più immediati. Il condizionale è d’obbligo, perché, in realtà, ho avuto almeno l’impressione che gli “inviati speciali” del DECS non padroneggiassero del tutto il ponderoso dossier, tanto da non riuscire a soddisfare in modo dignitoso le tante legittime preoccupazioni: a eccezione, pare, della tappa gestita dallo stesso Maradan, che mi è stata negata dal preciso piano di rotazione. Ora tutti i partecipanti, così come i dipartimenti cantonali, avranno tempo – si fa ovviamente per dire – fino al 31 luglio per consegnare la loro presa di posizione al segretariato generale della CDPE, che coordina l’attivazione di HarmoS.
A questo punto, però, la situazione è inquietante. Senza entrare nel merito, almeno per ora, di questi nuovi obiettivi d’insegnamento nazionali, ci si può chiedere come si intenda procedere per accordare i programmi dell’odierna scuola dell’obbligo con gli standard, senza scordare che per i primi due anni della nuova obbligatorietà – cioè dai quattro ai cinque anni – non c’è nulla da accordare, ma tutto da creare. A meno che il piano segreto non sia quello di lasciar tutto com’è, delegando poi ai singoli istituti scolastici il compito di trovare le strade migliori per adeguarsi ai nuovi obiettivi. A quel punto, insomma, ci verrebbe servito un accordo nazionale in salsa ticinese, ciò che non giustificherebbe tutto l’inchiostro versato e le tante ore di lavoro prodotte in questi ultimi tre anni. Per farla breve, c’è da augurarsi che si tratti solo di un sospetto e che nelle segrete stanze del DECS si stia ideando e progettando nei più minuti dettagli una nuova scuola, più efficace e, soprattutto, più armoniosa. Così come appaiono le cose, sembra che quasi tutto sia stato detto, mentre quasi tutto sia ancora da fare, in tempi brevissimi.