Come scriveva don Milani, “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde”. Occorre chiedersi perché.
Tio.ch, lunedì 3 giugno, ore 11:47. Imponente operazione di polizia, evacuata la Commercio. Alla scuola cantonale di commercio è in corso un’imponente operazione di polizia. Secondo nostre informazioni, l’intervento in forze di numerose pattuglie della Cantonale sarebbe stato provocato da un ragazzo di prima commercio che in aula avrebbe tirato fuori una pistola e l’avrebbe puntata contro una docente. Ore 12:51. La polizia conferma: «Docente minacciata da un allievo». Fermato un minorenne. L’allievo è stato fermato verso le 11.30 all’interno dell’Istituto scolastico. Non vi sono feriti. Sono in corso gli accertamenti del caso e pertanto per il momento la struttura scolastica rimane chiusa. Ore 15:07. Le minacce all’improvviso e poi il caos.
Ha scritto su laRegione Tommaso Soldini, scrittore e docente, presente alla “Commercio” in quei momenti di sconcerto: «La difficoltà delle giovani generazioni è palpabile; lo vediamo in classe noi docenti, ne è precisa testimonianza la presenza degli sportelli di mediazione, così come il fitto ricorso al servizio medico-psicologico, ma anche il largo uso di farmaci che molti studenti non nascondono di assumere. Un ragazzo che impugna un’arma quasi vera per scongiurare una bocciatura, però, non fa riflettere solo sul disagio psichico, direi che mette l’accento anche sul ruolo della scuola, che è e resta quello di formare, educare alla cittadinanza, al pensiero critico, e ad affacciarsi in modo consapevole al mondo del lavoro» (Quattro mura e un calcio di pistola, laRegione 11.06.2024). L’articolo si chiude con una poesia che Soldini dice di aver ricevuto da un suo ex studente.
Parrebbe intitolarsi Quattro mura, che sono le mura dell’aula dove abbiamo imparato la grammatica / di quattro lingue diverse; / perché più è meglio. Sono le quattro mura dove incombe ininterrottamente una valutazione, che è la metratura di competenze e incompetenze, e nel contempo giudizio individuale sulla tua umanità. E succede di tutto, nei ricordi del poeta: chi è bocciato col 2 in tedesco perché beccato a copiare; chi se ne va, e non torna, per un attacco di panico, perché non ci si può mostrare deboli; chi può soffrire per quattro anni e medita il suicidio; chi a sedici anni non ha tempo per la terapia; chi è uno dei tanti ragazzi preoccupati, perché a giugno lo sai.
Quelle quattro mura,
dove oggi un ragazzo
ha tirato fuori una pistola
per rabbia,
che forse era paura,
che forse era tristezza,
che forse era angoscia,
di non avere un futuro.
Mi chiedo se il tangibile disagio psicologico e sociale che vivono tanti giovanissimi non dipenda anche dalla scuola che sono obbligati a frequentare almeno per undici anni: in fondo è un lungo e importante periodo in cui trascorrono più tempo a scuola che a casa. Ha osservato don Milani che bocciare è come sparare in un cespuglio. Forse era un ragazzo, forse una lepre. Si vedrà a comodo. E ha aggiunto: La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde.
L’ho scritto tante volte, l’ultima proprio in questo blog (La scuola è un luogo dove bisogna poter sbagliare senza correre rischi): «Le valutazioni sono espresse con note numeriche in tutta la scuola dell’obbligo, a partire dall’elementare. La scala va dal 3 al 6, con la sufficienza dal 4 in su. Con questi numeri e coi loro mezzi punti si fanno le medie. Una media che può decidere il futuro di un quindicenne è quel 4.65 tra tutte le materie, senza il quale non si accede al liceo. Si potrebbe supporre che il metodo sia semplice quanto scientifico. Per fare un esempio, se tu hai 6 in italiano e 3 in matematica significa che vali mediamente 4 ½. In realtà sei bravissimo in italiano e non capisci un’acca in matematica: questo dicono i numeri. Ma non solo. La scala delle note scolastiche non ha intervalli identici e regolari. Il metro del falegname è sempre lungo un metro, anche se ha la luna storta».
Invece la scuola continua imperterrita a difendere questo modello di frammentazione delle materie scolastiche, convalidato da un modo iniquo per misurare gli apprendimenti di ognuno. A chi galleggia perennemente al limite della sufficienza o si affanna nella melma di un cupo fallimento si dice che non studia, non è tagliato, non è al suo posto, per lo più senza nemmeno accorgersi che ogni insufficienza può essere un colpo di pistola che ti ammazza il futuro. Non ci pensa nessuno, si preferisce credere che le insufficienze siano giuste, addirittura scientifiche.
Non si può fingere di ignorare che la condizione socioeconomica di ogni studente sottoposto a valutazioni scolastiche ha un impatto considerevole sul valore scolastico decretato dagli insegnanti e dalla scuola. Tanto per dire: In matematica, in Ticino, in Svizzera e nella media OCSE, si osserva che chi ha un’elevata condizione socioeconomica e culturale ottiene un punteggio medio nettamente superiore rispetto a chi ha una condizione socioeconomica inferiore (PISA Ticino 2022).
Non è più il tempo, dunque, dell’ipocrisia, dello stupore e degli schiamazzi morali a mezzo stampa. Dopo tanti proclami la scuola faccia qualcosa, senza più dare ascolto al canto delle sirene dell’economia.
Scritto per Naufraghi/e