Doveva essere la tarda primavera del 2013, quando mi telefonò Raffaella Castagnola, all’epoca presidente della Società Dante Alighieri di Lugano e responsabile delle pagine culturali del Corriere del Ticino, sulle quali curavo la rubrica Fuori dall’aula, firmata per la prima volta nel 2001 e poi continuata fino al 2020.
Stavo chiudendo il mio ultimo anno scolastico come direttore delle scuole comunali di Locarno; in agosto sarei diventato un pensionato. Due anni prima la Dante luganese aveva inaugurato una nuova proposta letteraria, Piazzaparola, il cui occhiello precisava: L’arte di raccontare – Un classico e voci contemporanee. Le prime due edizioni erano state dedicate a Dante e a Omero, con uno spazio riservato agli allievi delle scuole luganesi (se non sbaglio, in particolare quelli della zona Centro).
Mi chiese, senza sapere che stavo andando in pensione, di organizzare per il Locarnese le prossime edizioni di Piazzaparola per gli allievi delle scuole elementari. Diedi la mia disponibilità, chiesi la collaborazione del DFA, anche per avere un tetto istituzionale (quell’anno il direttore era Michele Mainardi), conobbi una giovane Silvia Demartini, che coinvolsi da subito – sarebbe poi diventata, negli anni a seguire, l’autrice principale dei testi di tutte le edizioni locarnesi di Piazzaparola.
Neanche tre mesi dopo quella telefonata, andò in scena al Castello Visconteo la nostra prima edizione di Piazzaparola jr, dedicata a Giovanni Boccaccio e destinata alle classi di 4ª e 5ª elementare di Locarno e Minusio: Intendo di raccontare cento novelle nel pistelenzioso tempo, con le narratrici Tatiana Winteler e Sara Giulivi, le illustrazioni di Dario Bianchi, l’accompagnamento musicale del gruppo «Greensleeves» di Paolo Tomamichel e i «Giullari dei Visconti», gruppo di studenti della Scuola Teatro Dimitri di Verscio, preparati da Oliviero Giovannoni: trattandosi dello spettacolo inaugurale merita il ricordo dei protagonisti.
Seguirono due edizioni che si svolsero per davvero nelle piazze, con gruppi di allievi che passavano da una postazione all’altra: Leonardo da Vinci nel 2014 e Publio Ovidio Nasone del 2015. Nei due anni successivi capitò di voler restare nuovamente nelle piazze, ma la meteo ci costrinse a rifugiarci dentro il Teatro di Locarno: nel 2016 Sulle tracce dell’ingegnoso nobiluomo don Chisciotte della Mancia, l’anno dopo Inseguendo l’ombra di Don Giovanni. Per ovviare al tempo che fa, da qualche anno ci siamo installati nelle piccole sale del Palacinema: Echi dal Diario di Anne Frank (2018), La vera storia del dottor Victor Frankenstein (2019), Canto di Natale (2022). Nel mezzo, a causa della pandemia, niente Piazzaparola nel 2020 e un’edizione ridotta nel 2021, con La storia di Robinson Crusoe nella corte interna del Castello; per poi tornare al Palacinema in questo dicembre 2023, con Dimezzato, inesistente, rampante: tre magnifici antenati, nel centenario della nascita di Italo Calvino.
Dall’anno prossimo si vedrà, sarebbe bello poter tornare nelle piazze, ma costa un po’ di più, mentre da qualche anno parrebbe che non ci siano più soldi, neanche per Piazzaparola.
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A margine di questa edizione dedicata a Italo Calvino, il quotidiano laRegione, nellasua edizione del 18 dicembre 2023, ha dedicato un’intera pagina al tema della letteratura per i più giovani.
Far parlare la letteratura alle giovani generazioni
di Silvia Demartini, Professoressa in Educazione linguistica e linguaggi disciplinari dell’italiano presso il Centro competenze didattica dell’italiano lingua di scolarizzazione (DILS), DFA/ASP-SUPSI, e Adolfo Tomasini, pedagogista.
Nel mondo digitale la parola scritta rischia di attirare sempre meno giovani. Ma i piccoli lettori possono trovare ricchezza nei grandi classici.
La letteratura è un magico spazio in cui ritrovarsi, (ri)conoscersi, ma anche scoprire, conoscere e vivere altre vite oltre alla propria. L’ha sintetizzato a chiare lettere Umberto Eco oltre trent’anni fa: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5’000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro” (dall’articolo “Perché i libri allungano la vita”, rubrica La bustina di Minerva, L’Espresso, 2 giugno 1991). Proprio quest’ampiezza di vedute è uno degli aspetti principali (non il solo) per cui vale la pena di avvicinare bambine e bambini alla letteratura.
Il bisogno di letteratura nella formazione delle giovani generazioni
Dell’immortalità all’indietro evocata da Eco, oggi, c’è quanto mai bisogno, anche e forse soprattutto per i più giovani. Catturati sin da molto presto nella rete e nel digitale, infatti, bambine e bambini hanno meno occasioni di accostarsi alla letteratura come ambito di esplorazione, come spazio di divertimento e di approfondimento, come palestra linguistica, come luogo in cui semplicemente passare il tempo. E anche come elemento di complessità. Una complessità, certo, che va calibrata sulla base dell’età e della maturità di lettrici e lettori, per cui l’incontro con la letteratura deve essere sfidante, ma non impossibile, onde evitare banalizzazioni grottesche o riduzioni scimmiottanti. Se affrontata nel modo giusto, proprio la sana complessità del testo letterario e dei personaggi che lo popolano continua ad avere un grande potenziale formativo, a più livelli. Basti pensare alle profonde discussioni che possono scaturire dalla lettura di un’opera non banale o alla modalità di lettura estensiva (piacevole, ma anche prolungata e non “a salti”) che richiede un bel romanzo. Per non parlare del ricco patrimonio linguistico al quale la letteratura espone, proponendolo senza “insegnarlo”.
Navigare nel “mare” della letteratura
Domanda per niente semplice, perché le risposte possono essere molte e non unanimi. Ai fini del nostro discorso va però almeno precisato che “letteratura” è tante cose; è tanti generi (dall’epica ai romanzi agli albi illustrati, per intenderci), è tanti stili, è tanti destinatari, è tante epoche, è tanti formati (in prosa e in versi): per non perdersi servono consapevolezza, preparazione e cura, soprattutto se si tratta di avvicinare certe opere a giovani ragazze e ragazzi. Perché c’è una letteratura che, a seconda delle età, va affrontata in autonomia (magari confrontandosi su di essa in gruppo, a scuola), e c’è una letteratura alla quale da “piccoli” è bene accostarsi in modo mediato, scoprendo scrittrici, scrittori e opere grazie al tramite di qualcuno che ne cura l’accessibilità. Ciò non significa forzare l’incontro con la letteratura “adulta”, ma promuovere la curiosità: con una metafora, significa offrire una scala per incentivare a fare capolino e a curiosare in un giardino bellissimo, che, più in là, ragazze e ragazzi andare a visitare completamente. E non solo: significa accostare al bello, alla ricchezza di contenuti e di parole, alla grandezza di certi personaggi; accettando anche di saper rinunciare a certe sfide, posticipandole.
Fra scuola e divulgazione: il senso dei “classici”
Che la letteratura non sia in senso stretto una “materia scolastica” è cosa nota, o dovrebbe esserlo, come dovrebbe essere altrettanto noto, però, il suo potenziale in chiave educativa e didattica. Da questo presupposto è nata l’idea (ormai dieci anni fa, nel 2013) di realizzare una proposta per le scuole elementari del locarnese nell’ambito di un evento letterario concepito per il pubblico adulto (PiazzaParola), cogliendo anno dopo anno la sfida di proporre un grande classico, o un autore/un’autrice, all’attenzione di ragazze e ragazzi di IV e V elementare. Fino al 2019 PiazzaParola si è svolto in settembre, per fornire un momento iniziale intenso, quasi rituale, che avrebbe potuto fare da detonatore di un progetto pedagogico da sviluppare durante l’anno scolastico. In tal senso già in primavera si informavano gli istituti scolastici di ciò che avremmo presentato a fine estate, fornendo anche una documentazione che poteva servire per la preparazione di allieve e allievi, e per sviluppare percorsi di approfondimento.
Questa scelta intendeva facilitare e stimolare la ricerca di quell’immortalità all’indietro offerta dai “classici”, tema che nel 2012 era stato ampliato e approfondito durante un convegno dedicato alla letteratura per l’infanzia (poi sfociato nel volume Il gatto ha ancora gli stivali? Perché leggere i classici a scuola, oggi e domani, curato a D. Corno, S. Fornara e A. Tomasini, Armando Dadò Editore, 2013).
Quella era stata l’occasione di chiedersi, per dirla con Italo Calvino, se è ancora vero che i classici continuano a parlare anche alle nuove generazioni, perché non hanno finito di dire ciò che hanno da dire. Suggestione sempre attuale, che, in questo 2023 (nel centenario della nascita di Calvino), rilanciamo proponendo una rilettura della trilogia calviniana I nostri antenati. Ormai un “classico” recente, il cui insieme di fantasia, originalità, divergenza rispetto alla normalità del mondo che ci circonda è certamente in grado di intercettare l’ “orecchio acerbo” di rodariana memoria dei più giovani.