Sarebbe davvero così grave ridurre di una o due settimane le vacanze estive delle scuole ticinesi?
Sono sconcertato.
Leggo le prese di posizione sulla proposta di riduzione di una o due settimane delle vacanze estive delle scuole ticinesi. Ne ha riferito laRegione. Secondo un paio di sindacati e la Conferenza cantonale dei genitori, la modifica creerebbe danni pesantissimi. La proposta dei Verdi di accorciare le vacanze estive scolastiche in Ticino – oggi le più lunghe della Svizzera – incontra disaccordi. L’idea è quella di ridurle di una o due settimane, per rimpolpare le vacanze autunnali e pasquali.
Adriano Merlini, presidente della VPOD docenti, si dice «scettico, anzi di più: contrario», si noti l’enfasi retorica. Ricorda che gli insegnanti lavorano già due settimane dopo la chiusura delle scuole e due prima della riapertura. Si diceva, ancora pochi anni fa, che al centro della scuola c’era l’allievo, lo studente.
Soprattutto, però, Merlini insiste sul valore della lunga pausa estiva: «È una cesura che consente di ricaricare le batterie». Ma anticipare il rientro significherebbe affrontare temperature elevate in edifici non preparati. E non tutto è prevedibile: «In estate ci sono opportunità – colonie, corsi, lavoretti – che altrove non si trovano». Anche il presidente della Conferenza dei genitori riprende il tema del caldo d’aula e aggiunge le difficoltà di conciliazione lavoro-famiglia con un calendario scolastico rimodellato.
Bisogna però accettare una circostanza che non dipende da noi. Ho scritto anni fa: Sono finiti i tempi in cui la scuola dettava i ritmi urbi et orbi. Per quasi tutto il secolo scorso il rispetto del calendario scolastico è stato totale. Il primo giorno di scuola erano tutti lì, puntuali, emozionati; e fino a metà giugno, fosse pure tra uno sbadiglio e l’altro, nessuno si sognava di inventare giustificazioni intricate per scappar via qualche giorno dalla scuola – neanche il sabato mattina, che era ancora giorno di lezioni. Ma era visibilmente un altro mondo, con una diversa organizzazione del lavoro.
È innegabile che i periodi di canicola e le temperature alle quali non eravamo abituati dovranno essere tenuti in considerazione laddove, d’ora in poi, ci fosse la necessità di costruire nuovi edifici scolastici. Il presente ci lascia in eredità scuole pensate per difendersi dal freddo. In attesa di nuove costruzioni si dovrà probabilmente reinvestire i risparmi del riscaldamento in tecniche di climatizzazione.
Insomma, staremmo freschi se dovessimo pianificare gli anni scolastici alla ricerca di un clima perduto. D’accordo, ci piace fare i primi della classe, ma un anno scolastico costruito solo attorno ai mesi non troppo caldi risulterebbe esageratamene fuggevole. Si pensi, parlando delle numerose famiglie dalle configurazioni più diversificate e diffuse, alle difficoltà che incombono sul proprio orario di lavoro in confronto con gli orari dei figli. Ricordo una mamma di gemelli. Le avevo proposto di metterli in due classi diverse – non è sempre piacevole frequentare la stessa classe della sorella o del fratello. Mi disse, schiettamente: «Direttore, già fatico a conciliare i miei mestieri di mamma e di lavoratrice. Si figuri come farei a seguire due riunioni del genitori e gli incontri con due insegnanti». Chi parla di problemi organizzativi in modo astratto probabilmente non ha mai provato a incastrare orari scolastici e turni di lavoro senza perdere il senno, o dimenticare un figlio in palestra o alla scuola di musica.
D’altronde siamo l’unico cantone che ha bisogno quasi di un’intera estate per staccare la spina e ricaricare come si conviene le sue fragili batterie. Siamo medaglia d’oro per la durata delle vacanze estive – proprio quando molte famiglie lavorano a ritmo serrato e intenso in tutte quelle località che vivono e sopravvivono con l’industria turistica. Quando il sindacalista OCST D’Ettorre emette giudizi sbrigativi e un po’ sentenziosi – Se il problema è che le famiglie non sanno come gestire i figli, il nodo è più ampio – ammette che queste famiglie non le conosce proprio.
Matteo Buzzi, primo firmatario della mozione, scrive in entrata dell’atto parlamentare che La lunghezza delle vacanze estive in Svizzera varia a seconda dei Cantoni. Gli alunni ticinesi beneficiano di 10 settimane di vacanze estive. Per questo sono primi in classifica, solitari. Seguono i Cantoni del Vallese con 7.5 settimane (…) e Ginevra, Giura, Uri e Vaud con 7 settimane ciascuno. In coda i Cantoni di Argovia, Appenzello Esterno, Berna, San Gallo, Sciaffusa, Svitto, Turgovia e Zurigo con 5 settimane ciascuno. Se mi attenessi ai motivi elencati dai fieri conservatori sindacali, direi che, come Cantone primo della classe, dovremmo attivarci per cancellare al più presto l’insana consuetudine elvetica di concedere meno di 10 settimane di vacanze estive ai suoi pargoli.
Poi, si dirà, il Cantone pullula di colonie e doposcuola, che accolgono i figli di chi deve guadagnarsi la pagnotta al di là del calendario e dagli orari scolastici. Ma, a differenza della scuola dell’obbligo, i doposcuola e le colonie e tutte le loro alternative non sono gratuite, benché quasi sempre sussidiate dallo Stato. Alla fine, per chi lavora e deve far quadrare i conti, anche questo conto fa parte del suo bilancio.
Vien da pensare che chissà che razza di sprovveduti stiano crescendo in quei Cantoni dove le vacanze estive durano appena cinque misere settimane. Eppure, a ben guardare, non sembrano messi così male.
Scritto per Naufraghi/e
PS: nell’edizione di Naufraghi, l’incipit dell’articolo – Sono sconcertato – è diventato il titolo. Qui ripropongo l’articolo come l’avevo scritto, inventandomi un titolo forse più coerente col testo.