Ovidio, nelle Metamorfosi, racconta che lo scultore Pigmalione, «con arte invidiabile, scolpì nel bianco avorio una statua, infondendole tale bellezza, che nessuna donna vivente era in grado di vantare: e s’innamorò dell’opera sua», sognando che un giorno si animasse. Così, quando venne la festa di Venere, depose le offerte accanto all’altare e disse: «O dei, se è vero che tutto potete concedere, vorrei in moglie una donna uguale alla mia d’avorio». Venere esaudì la preghiera e Pigmalione, tornato a casa, vide la statua animarsi a poco a poco, respirare e spalancare i suoi occhi bellissimi.
In educazione è noto l’«effetto Pigmalione», così definito cinquant’anni fa da due studiosi, Rosenthal e Jacobson, che idearono un esperimento singolare: selezionarono a caso un certo numero di ragazzi di scuola elementare e dissero agli insegnanti che si trattava di alunni molto intelligenti. Dopo un anno tornarono in quella scuola e verificarono che i loro «genietti», benché scelti casualmente, avevano confermato le previsioni, migliorando notevolmente il rendimento scolastico, tanto da giocarsela in volata per essere i primi della classe. Non è necessario essere molto sagaci per capire che il trucco funziona anche al contrario: di’ al maestro, con le giuste parole, che Pierino non è un fenomeno, e facilmente il pregiudizio farà il suo corso, inevitabile e spietato.
Per restare in tema di storie, in queste ultime settimane si è letto che un gran numero di insegnanti delle scuole elementari non ne vuol sapere della «Cartella dell’allievo», uno strumento introdotto cinque anni fa, che sarà pian piano esteso a tutta la scuola dell’obbligo e che vorrebbe evidenziare «gli elementi più significativi che descrivono il processo di insegnamento/apprendimento, supportando la progettazione degli interventi didattici e favorendo allo stesso tempo il flusso di informazioni tra i docenti in un’ottica di continuità progettuale». Alcuni collegi dei docenti si sono messi di traverso, e il malumore serpeggia da Airolo a Pedrinate. Gli insegnanti mettono anzitutto l’accento sul notevole peso burocratico che comporta la tenuta regolare della cartella, «burocrazia che – scrivono i maestri di Losone – più che portare vantaggi sottrae tempo ed energie preziose che ogni docente sicuramente preferirebbe poter investire in modo utile e proficuo nell’insegnamento, nella formazione e nell’aggiornamento professionale».
Non ho lo spazio per elencare tutto quel che dovrebbe finire in quel dossier, e la lista risulterebbe noiosa. Il fatto che più sconcerta, però, è che si chiede di raccogliere un’enorme quantità di dati sensibili, dimenticando che ciò che finirebbe nella cartella non sarebbe neutro. Non c’è nulla di scientifico e inequivocabile nel riporvi elementi che «testimoniano l’evoluzione degli allievi» o i racconti «dei momenti significativi in termine di conquiste di nuove competenze». Così il tempo smisurato per tenere aggiornati migliaia di fascicoli – tempo rubato all’insegnamento – non migliorerà di un ette la qualità della scuola, con la certezza che il passaggio di informazioni da un docente all’altro moltiplicherà successi e insuccessi colpevolmente inzaccherati dal pregiudizio. Allora è meglio leggere le bellissime storie di Ovidio, senza il bisogno di rinverdire i fasti ispirati dalla vicenda di Pigmalione e della sua incantevole scultura: perché quello è il Mito, mica la realtà.
Questa volta non concordo, io da sempre tengo in direzione una scheda per ogni allievo della scuola di Stabio. In alcune cartelle vi è solo l’iscrizione, qualche certificato medico. In altre documenti importanti come i protocolli di incontri con famiglia, servizi, insegnanti. A volte purtroppo rapporti per l’ARP o all’intenzione dei servizi sociali. Oppure rapporti della logopedista, della psicomotricista, ecc. Vi posso assicurare che dal profilo professionale queste cartelle mi servono soprattutto per aiutare prima di tutto il bambino e la famiglia nel loro percorso scolastico.
Quello che si chiede ai docenti è di documentare il percorso scolastico di ogni allievo, non si chiedono relazioni infinite sul bambino, quelle al limite le scrivono i servizi. L’importanza professionale e documentata di quanto poi si scriverà sui famosi “giudizi” o che si dirà alla famiglia durante un colloquio è a mio modo professionale.
Troppe volte ho assistito a colloqui in cui il maestro parla dell’allievo ai genitori e cade alla prima domanda in cui il genitore chiede di comprovare le affermazioni verbali. Spesso sento fare l’esempio che inizia con “… ad esempio stamattina…”.
Viviamo in un mondo complicato e far finta di niente trincerandosi dietro alla semplificazione del “se le dico così è perché conosco l’allievo” non funziona più.
Termino con l’esempio della possibile indicazione alla famiglia che il bambino ha bisogno di un intervento logopedico. Se l’insegnate arriva documentato davanti alla famiglia, forse non convincerà la famiglia, ma professionalmente la sua posizione è ineccepibile. Dire a una mamma “secondo me c’è bisogno di logopedia” basandosi sul proprio sentimento a poche chance in un mondo dove con due clic ogni genitore può spiattellarti la definizione di dislessia,. ecc. ecc.
Caro Marco, stavolta mi pare che hai preso fischi per fiaschi, e hai finito per mescolare argomenti che non si possono mescolare. Anch’io conservavo i miei dossier, ma non certo uno per allievo, figurati. La «Cartella dell’allievo» concepita oggi è un’altra cosa. Capita che dai maestri non sia sempre possibile capire cosa hanno detto ai genitori, quando e perché. Ma questo è un tema che ha a che fare con i famosi e fumosi «giudizi», ufficialmente chiamati Comunicazioni ai genitori. Ricorderai che da direttore avevo fatto una lunga battaglia in solitaria contro le nuove modalità che regolano queste comunicazioni. E ricorderai pure che oltre le tante critiche proponevo di differenziare i ritmi in base ai bisogni e di obbligare la verbalizzazione, firmata da tutti i presenti, di ogni incontro riguardante gli allievi: riunioni coi genitori, certo; ma anche coi servizi, col sostegno pedagogico, eccetera: chi era presente, quando e dove, scopo dell’incontro, sintesi del contenuto e delle decisioni prese.
Ma, ripeto, sono due cose diverse.
La cartella dell’allievo dovrebbe essere uno strumento pedagogico e chi la utilizza in modo professionale lo fa per poter aiutare e non penalizzare l’allievo. Viene indicato infatti che al passaggio di docente deve essere tolta la parte soggettiva di annotazioni personali.
Ma sapere ad esempio che un allievo a 5 anni ha svolto un esame logopedico, oppure che la famiglia ha bisogno di essere sostenuta penso non sia penalizzante per l’allievo.
Le comunicazioni ai genitori dovrebbero del resto essere scritte tenendo conto della storia dell’allievo nel senso positivo del termine e non come etichettatura negativa.
Sarà.
Le storie di insuccesso scolastico sono piene di condizionali e di ipotesi mirabolanti e un po’ magiche. Non ti seguo minimamente, caro Marco. Perché la reatà quotidiana di molte, troppe aule scolastiche è quella del racconto di tante buone intenzioni, che volentieri nascondono cinismo. Come dimostra la sociologia ormai da tanti anni, nella scuola il principio del «Prima i nostri» c’è pressoché da sempre, malgrado i tanti alibi e la storia delle pari opportunità. Se davvero fosse come dici tu, non avremmo bisogno di questi discorsi: che partono sempre da ciò che vi piace chiamare valutazione formtiva, mentre in realtà è quasi sempre selezione scolastica.
Come sai, le ghigliottine pedagogiche non tagliano (quasi) mai le teste a caso.
Poi – in un primo momento la cosa mi era sfuggita – scrivi che «sapere ad esempio che un allievo a 5 anni ha svolto un esame logopedico, oppure che la famiglia ha bisogno di essere sostenuta penso non sia penalizzante per l’allievo». La seconda penalizza certamente (va’ a rileggerti lo studio di Robert Rosenthal e Leonore Jacobson, Pigmalione in classe; ma anche solo Scuola a tutto campo. Indicatori del sistema educativo ticinese 2015). Quanto alla logopedia (la psicomotricità, l’ergoterapia, la pre-scuola, il rinvio scolastico, …): ma qual è l’utilità di offrire queste informazioni urbi et orbi?
Concordo completamente. Caro Adolfo hai “lasciato” la scuola al momento giusto!?
La scuola che verrà è solo burocratizzazione – UCAS:
ufficio complicazione affari semplici.
Ciao
Raffaele