Parliamo di Gaia, la giovane allieva della scuola media di Gordola che ha rimediato una risicata sufficienza in educazione fisica a fine anno scolastico, giusto due mesi prima del suo 13° rango ai Giochi olimpici giovanili estivi in Cina. La ragazza, un talento nazionale della ginnastica artistica, frequentava la scuola media a Gordola, per la vicinanza col Centro sportivo della gioventù, nell’ambito degli speciali programmi di scolarizzazione di talenti in campo sportivo e artistico promossi dal DECS. Si può immaginare che quel misero 4 in ginnastica avrebbe rimediato solo qualche moccolo in famiglia, se non avesse contribuito a tenere la media globale della ragazza sotto la fatidica soglia del 4.6, che le avrebbe consentito l’iscrizione al liceo per sportivi d’élite. La famiglia dell’atleta ha già inoltrato un paio di ricorsi, entrambi respinti. Fin qui la scarna sintesi della vicenda, che ha scatenato un fiume in piena di scrollate di capo. «Com’è possibile – si chiedono in molti – che la giovane campionessa non vada oltre una misera sufficienza proprio in ginnastica?».
Non so voi, cari lettori, ma anch’io, prima di leggere questa storia, ero convinto che l’educazione fisica fosse uno spazio di sano e utile movimento all’interno di quelle 33 ore settimanali della scuola media. Credevo, in altre parole, che le tre ore settimanali di ginnastica rispettassero l’Ordinanza federale sulla promozione dello sport e dell’attività fisica, che stabilisce come a livello di scuola dell’obbligo devono essere impartite almeno tre lezioni settimanali di ginnastica, con l’obiettivo principale di incrementare l’attività fisica e sportiva. Invece non è così, o lo è solo in parte: basta leggere il «Piano di formazione della scuola media», oltre otto pagine fitte, per rendersene conto. Intanto solo due discipline, italiano e matematica, hanno più ore della ginnastica. Poi si scopre che si insegnano tante di quelle cose importanti che in questa sede non ci starebbe neanche una sintesi ridotta all’osso. Basti pensare che «la specificazione programmatica mette in rilievo le implicazioni emotive ed esistenziali dell’attività fisico-sportiva»: insomma, mica solo una corsetta o un’infuocata partita di pallavolo. Da questo punto di vista, quindi, la decisione del Consiglio di Stato che ha respinto il secondo ricorso non fa una grinza: dura lex, sed lex.
Il fervore dipartimentale per la promozione di atleti, musicisti e danzatori non mi ha mai infiammato. Mi sfugge il senso di questo blandire gli sportivi d’élite al posto, che so?, dei matematici d’élite, che se sono bravi non ricevono neanche i complimenti del Consiglio di Stato, assieme a qualche biglietto da mille. Ci sarà qualche motivo misterioso. Se le tre ore di educazione fisica – quelle imposte dalla confederazione – fossero state soltanto delle ore dedicate alla pratica sportiva e al movimento, mi sarei chiesto come mai questi talenti non siano semplicemente esonerati. Invece, per stare alle peripezie scolastiche della nostra olimpionica, ho scoperto che «Gaia ha svolto una sola prova di creazione di una messa in moto con la musica, valutata dalla docente sufficiente nella parte pratica e insufficiente nella parte teorica, ciò che ha portato all’assegnazione della nota finale 4». Già: saper dar vita, in teoria e in pratica, a una messa in moto con la musica è un obiettivo fondamentale, e se non lo sai fare l’età adulta sarà molto problematica e cosparsa di bufere corporee ed esistenziali.
Al di là delle pastoie amministrative condite da decimali medie da farmacista, andando oltre le difese d’ufficio di categorie d’élite, restando unicamente alla scuola, EVVIVA LA DIFFERENZIAZIONE!
Il mondo della scuola, soprattutto quello della scuola media, si riempie la bocca di questo orientamento pedagogico; ma poi, alla resa dei conti, tutti in fila per uno e marciare a ritmo di musica…!
Non ci sono ore di sostegno pedagogico per aiutare Gaia ad elaborare la parte teorica della messa in moto sopra la sufficienza?
Mah!