Venerdì 11 aprile: «Piazzaparola» in Piazza ad Ascona

In pratica collaboro con «Piazzaparola» dacché sono in pensione, con la prima impresa nel settembre 2013 al Castello di Locarno, quando abbiamo proposto a oltre un centinaio di allievi di 5ª elementare di Locarno e Minusio alcune novelle dal Decameron di Giovanni Boccaccio nel 700° della nascita del grande scrittore fiorentino.

Con Silvia Demartini, preziosa ed entusiasta collaboratrice, ho condotto l’11 aprile ad Ascona un momento letterario destinato agli allievi di 4ª e 5ª elementare del magnifico Borgo, nell’ambito della manifestazione «Eventi Letterari Monte Verità».

Ascona per Andrea

Con l’accompagnamento musicale del percussionista Oliviero Giovannoni, abbiamo proposto «Di tutti i colori in tutti i tempi. Scherzi e avventure nella letteratura di ieri e di oggi», vale a dire alcune pagine di Giovanni Boccaccio (Chichibìo cuoco, dal «Decameron»), Un lavoro di tutto riposo (dalle «Avventure di Tom Sawyer» di Mark Twain) e Il matrimonio di Luisa (dal «Giornalino di Gian Burrasca» di Vamba): tutte con l’accattivante e spassosa interpretazione dell’attrice Tatiana Winteler. E per terminare ecco anche uno scrittore in carne e ossa, Simone Fornara, che ha proposto una gustosa pagina da «Telefonino non friggermi la zucca!», il divertente racconto scritto con Mario Gamba (2011, Editore Raffaello, vincitore del premio Montessori).

Ha scritto Raffaella Castagnola sul Corriere del Ticino del 12 aprile:

Ascona come una piccola Mantova? Direi che la sfida degli Eventi letterari è stata vinta, anche a giudicare dalle sue prime manifestazioni proposte e dai tanti eventi collaterali ben frequentati, che hanno animato il borgo, il lungolago le piazze, ma anche i giardini. Complice il bel tempo, «piazzaparola» si è potuta svolgere nel suo ambiente naturale, ossia in piazza, alla presenza, ieri mattina, di un centinaio di bambini delle scuole elementari di Ascona che, attraverso quattro storie di secoli diversi (…) hanno potuto riflettere sull’evoluzione del modo di raccontare storie, ma anche sulla morale che esse contengono. Il divertimento è stato assicurato dai brani scelti, ma la vera sfida viene dopo: dall’esercizio all’ascolto e dalla riflessione sulla lettura, che questi testi comunicano; e dallo scambio, proficuo, tra varie discipline, perché la parola letteraria è stata declinata in modo teatrale e commentata – se così di può dire – dal bravissimo percussionista Oliviero Giovannoni.

Mi piace «Piazzaparola», una creazione di Raffaella Castagnola che, accanto alla presentazione di voci contemporanee, per lo più ticinesi, a un mondo di adulti, riserva anno dopo anno spazi di grande interesse ai ragazzini delle scuole elementari: che mostrano la loro capacità di sapersi scostare dai modelli televisivi se appena li si prende sul serio. E, forse, imparano a liberare la fantasia per costruire nella loro mente i personaggi, gli ambienti e le situazioni di storie senza immagini.

Il prossimo appuntamento sarà a Locarno il 12 settembre 2014, quando presenteremo la poliedrica figura di Leonardo da Vinci: «La cosa immaginata move il senso» proporrà l’opera di uno dei più grandi genî dell’umanità attraverso la musica, la scienza e le invenzioni, i capolavori dell’arte, nonché le favole, le leggende, le facezie e gli indovinelli. Perché Leonardo è stato anche «un ragionatore affascinante, un parlator forbito, un raccontatore “magico” e fantastico, un virtuoso della parola accompagnata dal gesto. Parlando di scienza, faceva tacere gli scienziati; ragionando di filosofia, convinceva i filosofi; improvvisando favole e leggende, conquistava il favore e l’ammirazione delle corti» (Bruno Nardini, in Favole e indovinelli, 1995, Ed. Giunti).

«Matematicando» il 16 e 17 maggio per le strade di Locarno

Sono lieto di attirare l’attenzione su una bella manifestazione che il DFA della SUPSI organizzerà a Locarno venerdì 16 e sabato 17 maggio 2014. Nel sito del DFA si possono trovare tutti i dettagli della manifestazione. Segnalo pure il servizio che La Rivista, mensile illustrato del Locarnese e valli, ha dedicato a questa festa della matematica nel suo numero di aprile.

Dite che lo sport è salute?

Lo sport è salute. Forse è per questo motivo che giornali, radio e televisioni, magari con il sostegno incondizionato del Dipartimento Istruzione e Cultura e del Dipartimento della Sanità e della Socialità gli dedicano tanto spazio. Si consideri che i quotidiani ticinesi destinano giornalmente una buona fetta del loro spazio alle manifestazioni sportive, così come la TSI sacrifica quasi interamente un suo canale al calcio e all’hockey, al tennis e all’automobilismo, allo sci e al basket, nonché a qualche altro passatempo minore, senza tralasciare i libri e le altre pubblicazioni che compaiono a scadenze regolari. Ciò significa che anche nel minuscolo Ticino vi è una fiumana di giornalisti più o meno specializzati, esperti del calcio parlato e dello sport orale in genere. Considerate le forze in campo e le energie spese per questo fenomeno popolare, si può ritenere che dietro tutto questo gran movimento di competenze, persone e capitali vi sia un progetto educativo che, per i costi e l’ampiezza, si avvicina e si affianca a quello della scuola.

Vero: la scuola, al contrario dello sport, è obbligatoria, ma gli avvenimenti agonistici riescono a scandire il passare del tempo meglio dell’anno scolastico. Si può immaginare che la discesa in campo della squadra del cuore o l’impresa del proprio campione influiscano sull’organizzazione del tempo più e meglio delle vacanze di carnevale, dell’espe di tedesco o del dettato del lunedì mattina. In ugual modo si deve supporre che un numero imponente di giovani e giovanissimi frequenti attivamente qualche associazione sportiva, che attraverso la pratica sana e costante del movimento aiuta ognuno a crescere in armonia col proprio corpo: mens sana in corpore sano, come amava ripetere Giovenale, che prima di darsi alla poesia, non per caso era maestro di retorica.

Già un paio di mesi fa mi ero occupato, in questa rubrica, del rapporto perverso che intercorre tra sport e mass-media. Il tema mi è tornato alla mente in questi giorni di marzo, un po’ grazie ai manifesti spuntati su e giù per il Ticino per sollecitare di nuovo a dare un futuro a quell’hockey club che ha bisogno di soldi; e un po’ per le vicissitudini di quell’altro club – di football questa volta […]. Questo è lo sport, bellezza! Ma è a dir poco ipocrita far finta di scandalizzarsi, come fanno i mass-media locali. La realtà che sta venendo a galla sembrerebbe tutto meno che istruttiva: tra presunte evasioni fiscali, millantati crediti, procuratori che indagano (questi sì, reali) e giornalisti sportivi che commentano – ma non spiegano – c’è di che vietare immediatamente le pagine sportive e il canale TSI 2 a tutti i minori.

Non da oggi, a ogni buon conto, lo sport è all’epicentro dello scandalo: di doping si parla ormai da decenni, né si possono dimenticare – citando a caso – il totonero di qualche anno fa o le mutazioni sessuali delle atlete della Germania orientale prima dell’89. Ma rispetto ad altre indecenze, poco probabilmente il movimento sportivo ne uscirà sconfitto o ridimensionato, grazie soprattutto allo strapotere della stampa specializzata: cominciare saggiamente a descrivere lo sport per quello che è, usando un gergo ordinario e riportandolo al ruolo che gli compete, significherebbe un’elevata perdita di posti di lavoro, giacché è difficile trasformare un cronista di pallacanestro in un commentatore politico o in un reporter di guerra. Meglio quindi intessere improbabili analisi psicologiche e dissertazioni sulla fenomenologia del capocannoniere, perché gli spazi disponibili devono pur essere riempiti. Come ben riassume una vignetta sull’ultimo numero del Diavolo, “Berlusconi presidente del Consiglio può fare anche il presidente del Milan. Non c’è conflitto d’interessi… La Nazionale non può giocare contro il Milan!!!”; alla stessa stregua Libàno Zanolari può continuare indisturbato il suo lavoro, perché non farà mai una discesa libera, così come Ezio Guidi non sfiderà mai Martina Hingis. Effettivamente, non c’è conflitto d’interessi, anche se le martine hingis prosperano proprio grazie agli ezî guidi sparsi nel mondo.

Peccato che un gran numero di ragazzi e giovani continuerà a scontrarsi con società sportive che in loro, al di là dei proclami, cercano solo i futuri campioni, ostentando arrogante strafottenza verso De Coubertin e i suoi (sempre più introvabili) accoliti. In realtà è difficile, per un genitore, trovare per suo figlio una società sportiva in cui davvero si possa fare dello sport secondo gli ideali che dovrebbero qualificare questa intelligente maniera di occupare il tempo libero. Oggi il ragazzo che vorrebbe giocare al calcio – così, per divertirsi – si scontra quasi sempre con campionati e tornei che rischiano di assorbire tutto il suo tempo extra-scolastico, trasformando il calcio (o il ciclismo, o la ginnastica, o…) nell’ombelico della vita. Quanti di loro saranno campioni? E quanti, invece, aggiungeranno le frustrazioni della palestra a quelle dell’aula?

Di fuga dei cervelli e tormenti mercantili

A leggere i principali quotidiani del Cantone dell’ultima settimana di marzo si poteva pensare a un esodo improvviso di tutta l’intelligencija ticinese, con le solite colonne ai valichi alpini e doganali. «Cervelli in fuga!» titolavano un po’ tutti. Invece niente colonne. La stampa si limitava a dar notizia dell’interrogazione al Governo inoltrata da Matteo Quadranti e cofirmatari, che hanno scritto: «A volte il mercato del lavoro in Ticino non offre le opportunità di lavoro o condizioni salariali concorrenziali per queste menti le quali quindi scelgono di iniziare la propria attività professionale nei luoghi dove hanno studiato o comunque altrove. In questo modo il Ticino perde in capitale umano, in spirito imprenditoriale e, di riflesso, in futuri possibili maggiori entrate fiscali che queste persone qualificate potrebbero apportare. Ma il Ticino (…) perde anche a livello di “redditività” del proprio sistema formativo nel senso che il Cantone investe in infrastrutture scolastiche, in formazione primaria, secondaria e specializzata, borse di studio, ecc… ma poi – almeno per le menti che se ne vanno e non tornano – non ne raccoglie i frutti». Indubbiamente la preoccupazione non è tanto per le menti in fuga, ma per questioni più prosaiche. Così chiedono al Governo di intervenire con qualche misura, tra le quali spicca la possibilità di «prevedere che coloro che hanno beneficiato di prestiti di studio e rientrano in Ticino impegnandosi a lavoraci (…), possano vedersi annullato l’obbligo di rimborso».
Un caro amico mi ha detto, con una buona dose di sarcasmo, che i fatti dànno ragione agli onorevoli: basta leggere con regolarità le cronache quotidiane di questo cantone per rendersi conto che una fuga di cervelli ci dev’essere stata per forza, di soppiatto. A me, comunque, sembra una proposta inutile e anche un po’ iniqua. Intanto i prestiti di studio rappresentano solo una parte modesta dell’investimento annuo per le università. Poi vi sono studi accademici che non troverebbero impieghi in Ticino. Se uno va a studiare biologia marina o etnologia kanak ci vorrebbe qualche forzatura per offrirgli un lavoro nell’Elvezia meridionale. E se tutti gli economisti ticinesi volessero operare in Ticino ci troveremmo sommersi: un bel disastro, visto che, come i pedagogisti, non ne azzeccano mai una. Senza scordare che non è così evidente trovare impieghi interessanti, neanche nelle tante discipline contemplate dai politecnici federali. Credo che l’esperienza universitaria fuori casa, spesso in una lingua che non è quella madre, sia utile e da incoraggiare. In antropologia c’è un concetto, detto esogamia, secondo il quale è importante che il matrimonio avvenga tra individui che si scelgono al di fuori del gruppo di appartenenza, per favorire l’arricchimento genetico e limitare il rafforzamento di tare e malattie ereditarie. In tal senso anche una sorta di esogamia intellettuale non può che far bene, mentre che l’autarchia puzzerebbe spiacevolmente di chiusura. Insomma, vediamo di non parlarci addosso più di quel che già facciamo.
A conti fatti i ticinesi che vanno per il mondo, e magari hanno cattedre prestigiose o lavorano in centri di ricerca di punta, sono un motivo di orgoglio per tutti noi. Significa che il nostro sistema scolastico funziona. In fondo se uno torna a casa in fretta e furia solo per farsi azzerare il debito del prestito di studio non è poi ’sta gran mente. E allora lasciamolo dov’è, ché di ottusi ne contiamo a sufficienza.

Chi si ricorda più del «Profilo degli insegnanti»?

Si trattava in realtà di un documento del dicembre 2007, così definito: «Per profilo professionale è intesa la descrizione accurata delle competenze e dei comportamenti attesi dai docenti e riferiti  al lavoro in sezione con gli alunni,  alla preparazione,  alla formazione,  alla vita di istituto,  alle relazioni con i colleghi, le autorità, i genitori, la comunità locale»: mica minuzie. Il documento, come ho accennato, aveva avuto una larga diffusione, benché si trattasse di una proposta in consultazione e non ancora di una sorta di contratto impegnativo tra le parti. In particolare l’avevano ricevuto, oltre ai soliti uffici cantonali e gli ispettorati, i direttori, l’Alta Scuola Pedagogica, le autorità comunali, le associazioni magistrali e la Conferenza cantonale dei genitori. Naturalmente, anche la stampa ne aveva parlato, erano apparsi articoli e riflessioni, c’erano state serate pubbliche. Non mi interessa qui entrare nel merito di questo «Profilo», che chiunque può consultare nella sua versione originale e incompiuta (basta digitarne il titolo in un qualsiasi motore di ricerca). Invece vi sono un paio di dettagli di un certo interesse, anche per capire le cose di questo cantone e della nostra scuola. Nella lettera che accompagnava la trasmissione del documento si può leggere che «tra i numerosi fattori che concorrono a determinare la qualità del complesso sistema scolastico, la professionalità dei vari attori è e rimarrà uno degli elementi centrali. Per questo motivo il Collegio degli ispettori ha riservato una riflessione importante, nel corso di questi ultimi tre anni scolastici, alla figura e al mandato dei docenti di scuola dell’infanzia ed elementare». Infatti già il 23 novembre 2006 il direttore dell’USC, prof. Mirko Guzzi, aveva presentato un documento, a quell’epoca un pochino diverso, ai direttori delle scuole comunali, riuniti in seduta plenaria a Sementina. Solo che il titolo era un altro: «Valutazione docenti». I direttori avevano applaudito l’iniziativa, ma avevano altresì consigliato, con un po’ di sdegno, di non “bruciare” tutto sull’altare della valutazione. Anzi: meglio togliere del tutto l’accenno alla valutazione e pensare invece a valorizzare i docenti. Ohibò: vuoi vedere che chi vive di valutazione quotidiana, ha poi paura della valutazione? Tant’è. Sta di fatto che per la fine del 2010 gli ispettori avrebbero dovuto esaminare il «Profilo» nell’ambito dei loro nove circondari e inviare poi il loro parere e le loro proposte all’USC, affinché il documento fosse calibrato e approvato dal DECS, per diventare quindi uno strumento operativo e impegnativo per valorizzare, correggere, aiutare, formare e, perché no?, liberarsi degli insegnanti «diversamente bravi»… Il circondario di cui facevo parte – il VI – aveva fatto i compiti e aveva inviato entro i termini le sue riflessioni e le sue proposte: mi sembra un documento interessante e per questo motivo lo metto a disposizione di chi fosse interessato [Profilo professionale – Documento del VI circondario] E qui sta la seconda curiosità, perché non se n’è saputo più nulla.

Dai margini dell’aula: esperienza, pensiero critico e qualche nota fuori dal coro