Papa Francesco e la scuola

Sull’importanza degli insegnanti: «Perché amo la scuola? Proverò a dirvelo. Ho un’immagine. Ho sentito qui che non si cresce da soli e che è sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere. E ho l’immagine del mio primo insegnante, quella donna, quella maestra, che mi ha preso a 6 anni, al primo livello della scuola. Non l’ho mai dimenticata. Lei mi ha fatto amare la scuola. E poi io sono andato a trovarla durante tutta la sua vita fino al momento in cui è mancata, a 98 anni. E quest’immagine mi fa bene! Amo la scuola, perché quella donna mi ha insegnato ad amarla. Questo è il primo motivo perché io amo la scuola. […] Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Ma se uno ha imparato a imparare, – è questo il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: Don Lorenzo Milani».

La scuola è luogo di socializzazione senza steccati: «Un altro motivo è che la scuola è un luogo di incontro. [A scuola] incontriamo persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità. Questo fa pensare a un proverbio africano tanto bello: “Per educare un figlio ci vuole un villaggio”. Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente: famiglia, insegnanti, personale non docente, professori, tutti!».

Etica e estetica, fondamenti dell’educazione: «E poi amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello».

Al di là delle discipline: «Se studio questa Piazza, Piazza San Pietro, apprendo cose di architettura, di storia, di religione, anche di astronomia – l’obelisco richiama il sole, ma pochi sanno che questa piazza è anche una grande meridiana. In questo modo coltiviamo in noi il vero, il bene e il bello; e impariamo che queste tre dimensioni non sono mai separate, ma sempre intrecciate. Se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella. E insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita!»

Il pensiero di Pestalozzi: «Si educa per conoscere tante cose, cioè tanti contenuti importanti, per avere certe abitudini e anche per assumere i valori». Perché c’è «una bella strada nella scuola, una strada che fa crescere le tre lingue, che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma, armoniosamente, cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme!»

 

3 commenti su “Papa Francesco e la scuola”

    1. Buon per te, anche se Jorge Bergoglio parla di una scuola che non c’è e non c’è mai stata, con le dovute eccezioni. D’altra parte Maria Boschetti-Alberti, certo la maestra ticinese più famosa di tutti i tempi, era una pia donna. Nella Prefazione a «Il diario di Muzzano» Vittorio Chizzolini riporta un brano di un dialogo che ebbe con lei:
      – Avete studiato a lungo i classici della pedagogia? Seguite il movimento pedagogico contemporaneo? – chiedo alla maestra, levando gli occhi alla libreria, in cui si allineano fitti i volumi.
      – Sì, leggevo; ma ora non ho più il tempo – e accenna ai volumi intonsi. – Del resto, non fa nulla. lo trovo tutta la saggezza pedagogica nel Vangelo. Quello mi basta.

      Invece nelle parole sorprendenti di questo papa, spicca l’assenza dei soliti accenni cattolici alle scuole (private) dei cattolici: un discorso che in Ticino ben conosciamo. In ottica completamente laica e aconfessionale, «quel tipo» di scuola resta un modello che, prima o poi, dovremo (ri)scoprire, non fosse che per smetterla di pensare unicamente alla selezione dei futuri quadri dirigenti, in una scuola inutilmente e ferocemente competitiva sin dalla prima elementare.

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