Da un po’ di tempo in qua serpeggia tra la popolazione un nuovo disagio. A quanto si mormora esistono osti che vendono bevande alcoliche ai minorenni. Il “Caffè” di domenica scorsa dedicava un servizio allo spinoso e del tutto accidentale problema: “È ancora allarme alcol”, titolava il domenicale a pagina 11, riportando tra l’altro la testimonianza di una mamma: “Mio figlio minorenne mi ha chiesto di andarlo a prendere. Era stufo di stare in un locale dove quattordicenni erano completamente ‘bevuti’. Sono andata e ho potuto constatarlo di persona”. Questa poi!
Vediamo di ricapitolare. Nel nostro Cantone ci sono molti bar, osterie, discoteche, birrerie, pub. La popolazione, dicono le statistiche, sta invecchiando, ma dato che le bettole di paese stanno sparendo assieme ai paesi, ecco che gli esercenti si rivolgono ad un nuovo target, più giovane ma non per questo col borsellino scarico. Purtroppo durante il giorno ’sti giovincelli lavorano – se maggiorenni – oppure vanno a scuola. Ecco allora che la vita si sveglia nelle notti dei fine settimana. Non si possono però accusare i bettolieri se i nuovi clienti ordinano birra e alcolpops: mica possono chiedere ad ogni ordinazione la carta d’identità, o no?
Poi ogni tanto la bevuta in compagnia va a quarte quarantotto: una rissa qui, un litigio là, una scritta sulla parete dell’edificio di fronte (a proposito: raro leggere l’entusiasmo verso qualche leader politico o la squadra del cuore; ancor più introvabile la sana sineddoche che inneggia alla donna: i graffiti di oggi sono sovente di un vuoto agghiacciante). Un anno fa a Muralto ci scappò pure il morto; più spesso, ma con esiti ugualmente drammatici, qualcuno esce di strada e va a fermarsi, a volte per sempre, contro qualche inconsapevole ostacolo, per cause ignote che l’inevitabile inchiesta dovrà stabilire.
Fa bene, quindi, quella mamma a protestare e denunciare; e fa bene l’assemblea dei genitori della scuola media di Camignolo a chiedere il rigoroso intervento dell’Autorità, affinché i pargoli possano trascorrere le loro notti di noia nei locali pubblici della zona, discorrendo di filosofia tra un bicchiere di gazzosa e l’altro, in attesa che esploda il glamour della discoteca. Tutti sani passatempi, dall’alto contenuto educativo. Insomma: attività pedagogiche motuproprio.
Ora è senz’altro giusto che la polizia intervenga e che la politica si occupi seriamente di quell’informe e per certi versi sconosciuta realtà che ruota attorno alla vita notturna dei nostri ragazzi. Ma non nascondiamoci dietro un dito. Se mio figlio di quindici anni ha l’abitudine di passare i suoi sabati sera con gli amici – ma soprattutto col mio beneplacito – non mi devo scandalizzare se poi vengo a scoprire che rientra (a che ora?) coi sensi alterati. Perché, a quel punto, la colpa non potrà ricadere solo sulle spalle del povero mescitore e, in ultima analisi, dello Stato che non interviene per eliminare lo scandaloso comportamento.
È un mondo strano, il nostro. Quando i ragazzi hanno otto anni non possono fare un chilometro a piedi per andare a scuola: troppo pericoloso, con tutto quel traffico (e i pedofili, e gli esibizionisti). Quindi qualcuno deve farsene carico, organizzando navette scolastiche e sorvegliando i passaggi pedonali: per non perder tempo e, soprattutto, per garantire l’incolumità psicofisica degli inermi fanciulli. Poi, cinque o sei anni dopo, si mollano i cordoni, e per non far la figura del genitore apprensivo e un po’ fuori moda, si concede che il figlio possa scorrazzare fino a ora tarda chissà dove, salvo poi lamentarsi che c’era vodka al posto dell’aranciata, e pastiglie di ecstasy invece delle sugus… Perché bisogna essere un po’ sprovveduti a persuadersi che i figli, in quelle notti, frequentino i salotti buoni del rione e si dissetino senza infrangere le nostre cieche e un po’ bugiarde aspettative.
Giusto, quindi, che intervenga lo Stato – con o senza polizia – e giusto che gli osti siano bacchettati e richiamati alla corretta applicazione delle leggi. Ma non sarebbe un male se anche i genitori fossero chiamati davanti al giudice per rispondere delle loro inadempienze educative: perché non è istruttivo per nessuno prendersela col mondo intero, chiedendo che altri si assumano le proprie responsabilità. Essere genitori oggi è irrefutabilmente più difficile rispetto a quando ci si doveva alzar presto per dare una mano a mungere; ma anche se non vi sono più bestie da accudire, non è il caso di credere che i nostri ragazzi, durante le notti del fine settimana, si ritrovino nell’agorà: oltre che ipocrita, è un atteggiamento a dir poco di comodo.