Si sussurra con sempre maggiore insistenza che, ormai, il Consiglio di Stato sia in completa balia della ministra delle finanze, che fa e disfa ciò che vuole e quando vuole, trascinando nella sua impetuosa scia ideologica i tre consiglieri maschi, con buona pace dell’esponente socialista. È certamente un’immagine strumentale e fors’anche riduttiva delle alchimie che reggono questo arruffato Governo cantonale, ma non si può dire che la ministra manchi di un referente politico cristallino, a differenza degli altri tre – almeno stando alle apparenze. Ne è una riprova il documento che Marina Masoni ha presentato al Governo due giorni dopo l’esito dei referendum del 16 maggio. Scorrendo la sintesi del ponderoso documento, pubblicata domenica scorsa da “Il Caffè”, appare un’idea dello Stato che si può o meno condividere, ma che, tuttavia, si allontana con chiarezza dal semplice esercizio contabile, per imboccare a tutta birra la strada della Politica. Marina Masoni, insomma, esibisce uno spaccato dello Stato “secondo lei”, attraverso 571 domande che, grazie ai legami logici che le uniscono, contengono anche le inevitabili risposte.
Percorrendo la sintesi pubblicata dal domenicale, si incontra qua e là anche qualche accenno al sistema scolastico; ad esempio al capitolo «Scuole medie» si incappa in due domande che la dicono lunga sul Masoni-pensiero. Prima domanda: “Per migliorare l’offerta non è possibile la creazione di circondari, con una direzione unica (e conseguente risparmio di costi) e l’introduzione della libera circolazione degli allievi nel circondario, che possono così scegliere la sede in funzione dell’offerta formativa?”. Seconda domanda: “È possibile introdurre sistemi di controllo di gestione per aumentare la trasparenza sui costi delle singole sedi e favorire la concorrenza?”. Da un lato giunge il conforto che anche in quest’ottica politica vi è ancora spazio per la scuola pubblica: coi tempi che corrono, ci si poteva anche aspettare una qualche indicazione che mirasse alla completa privatizzazione del settore, accreditando risolutamente “la libera circolazione degli allievi”, l’ampia concorrenza tra “offerte educative” e un sicuro “risparmio di costi”. Qui siamo per davvero alla progettazione della scuola-supermercato, che avrà il suo valore aggiunto nella varietà dell’offerta formativa, poiché – a quanto pare – la nuova scuola non dovrà più promuovere “… lo sviluppo armonico di persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e di libertà”, ma avrà al centro dei suoi obiettivi quello di selezionare con il dovuto rigore le élite del futuro, per adattarle al nuovo Ordine sociale che nascerà dalla disfatta della Repubblica laica e democratica, che avrà a questo punto fatto il suo tempo.
In fin dei conti la ministra delle finanze intende depennare qualche direttore e ridurre il ruolo dei pochi superstiti a coordinatore amministrativo, contestandone i compiti odierni, peraltro pesantemente vincolati dai docenti stessi attraverso i loro collegi, nonché dagli esperti di materia, che rappresentano un mix un po’ caliginoso di competenze disciplinari e scienze dell’educazione. Si tratterebbe forse solo d’un primo passo: perché essendo la legge uguale per tutti, la logica conseguenza consisterebbe nel drastico assottigliamento del numero di direttori degli altri settori scolastici, per assecondare, ad esempio, la scelta dell’asilo e della scuola elementare: libera iscrizione in libero “Stato”. In ogni modo il dibattito è lanciato – e costituisce una formidabile occasione per smentire il calunnioso venticello secondo cui Marina Masoni sarebbe l’incontestabile burattinaia del Consiglio di Stato. C’è solo da sperare che non si debba nuovamente assistere al penoso teatrino di chi, alle proposte liberiste della ministra delle finanze, opporrà l’ineluttabile mantenimento dello statu quo, considerando la scuola attuale il miglior mondo possibile.