La scuola ticinese l’hanno fatta e gestita soprattutto i liberali, ma adesso, ohibò, a loro non piace più
In altre epoche c’era stato uno che aveva promulgato una Legge in dieci articoli, che aveva chiamato Comandamenti. I liberali radicali svizzeri vanno vicini al raddoppio: Diciassette campi d’azione per un’educazione scolastica equilibrata e orientata al futuro. «Il modello di successo liberale radicale presuppone che tutti abbiano l’opportunità di affrancarsi nella scala sociale. Tuttavia, questo è possibile solo con una solida istruzione. La comprensione del modello liberale di società richiede però un’ampia istruzione e, tra le altre cose, la conoscenza dell’Illuminismo»: alla faccia del minimo sindacale della modestia, che i liberali inglesi di un tempo chiamavano understatement, una sintesi di autoironia e sobrietà. Non so cosa sappiano questi novelli liberali dei grandi illuministi della storia della pedagogia – da John Locke a Jean-Jacques Rousseau, Denis Diderot, Voltaire, Johann Heinrich Pestalozzi e Immanuel Kant – senza evocare alcuni filosofi e pedagogisti che, in anni successivi, molto hanno dato alla scuola moderna, penso a John Dewey, Maria Montessori, Jean Piaget, Lev Vygotskij e altri.
Presumo che i liberali radicali ticinesi abbiano aderito all’eptadecalogo nazionale e che lo sottoscrivano senza se e senza ma, tant’è che questa lista della scuola che vorrebbero l’ho trovata nel loro sito. Così non possono dimenticare, o fingere di farlo, che per oltre sessant’anni, dal dopoguerra in qua, i loro predecessori hanno gestito la Pubblica educazione ticinese con i Consiglieri di stato Brenno Galli, Plinio Cioccari, Bixio Celio, Ugo Sadis, Carlo Speziali, Giuseppe Buffi e Gabriele Gendotti, e che in tutti quegli anni hanno proposto e realizzato tante importanti riforme, tra le quali spiccano l’istituzione della Scuola media e l’Università della Svizzera italiana, senza scordare la diffusione dei licei o i grandi sforzi per favorire e concretizzare la democratizzazione degli studi. Come spesso capita, vien da dire che gli originali sono migliori delle copie.
Certo, non tutto e non sempre è stato immune da errori e critiche, e non lo è neanche oggi, perché ogni legge è frutto di compromessi e scambi politici, così come la realizzazione dei suoi principi deve fare i conti con chi, nelle scuole e nelle aule, deve tradurre i principi in pratica, magari a volte dissentendo; e perché i tempi cambiano in fretta, gli impianti normativi resistono e i tempi della politica li conosciamo.
Forse non rammentano, i liberali odierni, che nel 1974 i liberali radicali ticinesi, coi socialisti, avevano istituito la scuola media, che avrà pure tanti difetti, ma che continua a rappresentare una grande conquista politica e sociale. La scuola maggiore era certamente un’ottima scuola, mentre azzerare il ginnasio fu una decisione davvero liberale e radicale, benché la scuola media, col passare degli anni, somigliò più al secondo che alla prima. Tra l’altro il relatore di maggioranza in Gran consiglio era stato il liberale radicale Diego Scacchi. E, a proposito di amnesie vere o di comodo, anche la Legge della scuola del 1° febbraio 1990 era nata con il sostegno convinto dei liberali radicali e del Consigliere di stato Giuseppe Buffi. E comincia con ben altre finalità rispetto allo slogan di oggi, La scuola dell’obbligo annaspa: torniamo alla missione principale.
Quale sarebbe allora la missione principale della scuola? Quella delle Competenze di base, competenze di base, competenze di base? Quella che Gli allievi alloglotti dovrebbero ricevere lezioni intensive nella lingua d’insegnamento prima di entrare in una classe tradizionale? Quella che Le note scolastiche devono essere mantenute e i tentativi ideologici di abolire le note devono essere respinti? Quella che Più Svizzera in classe e Tolleranza zero per i fondamentalisti? Suvvia: se davvero si vuole così pacchianamente abbandonare quell’ideologia che tanto ha prodotto in anni neanche troppo lontani, si abbia almeno l’audacia di manifestare a chiare lettere che si è cambiato idea, perché quell’idea del secolo scorso, secondo loro, ha prodotto riforme ormai alla canna del gas.
E allora se l’ideologia – oh che brutta parola! – non c’è più andate in parlamento e combattete come leoncelli per aggiustare quel che si può, mandate a gambe all’aria tutto quanto e restaurate secondo il vostro millantato «metodo liberale» (neutro, neh!). Gli alleati politici, quelli ideologicamente vicini a voi, non mancheranno.
Scritto per Naufraghi/e