Habemus liberaliter educatus civis! Mi si passi il latino certamente maccheronico, ma il momento è solenne. Lunedì 30 maggio dell’Anno Domini 2017 il Gran consiglio ticinese, dopo solo quattro anni di disquisizioni serrate e di approfondimenti multi-disciplinari, ha dato il suo placet all’edificazione di una nuova disciplina scolastica: l’Educazione Civica.
Gaudemus: alea iacta est.
Forse.
Ha scritto il Corriere del Ticino del giorno seguente: La civica promossa a scuola. Accolto il compromesso sull’iniziativa «Educhiamo i giovani alla cittadinanza» – Gran Consiglio favorevole a larga maggioranza – L’incognita del voto popolare.
In futuro all’insegnamento della civica dovrà essere riservata più attenzione. È quanto ha deciso ieri il Gran Consiglio, accogliendo a larga maggioranza il compromesso sull’iniziativa popolare «Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)». A 4 anni dalla riuscita della raccolta delle firme, il Parlamento si è dunque detto favorevole a un rafforzamento della disciplina sia alle scuole medie sia nei percorsi del post obbligatorio. Nel primo caso è prevista una materia a sé stante con nota, insegnata per 2 ore mensili. Nelle scuole del medio-superiore la civica rappresenterà per contro un modulo all’interno di un’altra materia. Resta ora l’incognita della chiamata alle urne, che si renderebbe necessaria se i promotori – che hanno condiviso il testo conforme approdato in aula – non dovessero ritirare l’iniziativa. Una decisione in tal senso verrà presa nei prossimi giorni.
Sull’incognita del voto popolare La Regione ha già estratto il cartellino giallo, e l’ha messo sotto il naso di qualche velleitario narciso: «E adesso che non si tiri troppo la corda…» (io avrei messo un punto esclamativo, ma transeat). Sotto il monito, ecco il pistolotto didattico, a firma SCA/A.MA.:
Il compromesso è alla base del sistema politico svizzero. Qualsiasi decisione matura collettivamente, chiamando i singoli a sacrificare interessi particolari, in nome del cosiddetto Bene Comune, fatto di risultati concertati, calibrati, sostanzialmente condivisi. Altrimenti c’è il rischio che anni di lavoro vadano in fumo a colpi di bocciature popolari. Così la democrazia semidiretta “sorveglia” il sistema, dai ‘sette saggi’ di Berna in giù.
Ci si perdoni la premessa, ma paradossalmente ci sembra che al Comitato promotore dell’iniziativa “Educhiamo i giovani alla cittadinanza” serva una rinfrescata di… civica. Mal si comprende, altrimenti, la suspense che ancora ieri aleggiava attorno alla decisione del Gran Consiglio. Perché il parlamento, accettando il testo conforme elaborato dalla Commissione scolastica, ha trascritto in legge quanto chiesto dall’iniziativa (introduzione di una nuova materia con nota e dotazione oraria minima), riuscendo nell’ardito compito di rendere la modifica il “male minore” anche per chi poteva seriamente insorgere (leggi associazioni magistrali). Risultato: testo conforme con l’accordo di tutte le parti. Vero è che la prudenza non è mai troppa, e che gli illustri precedenti insegnano (nel 2000 ci avevano già provato i giovani liberali con un’iniziativa popolare che chiedeva il rafforzamento della civica, solo parzialmente tradotta in pratica). Bisogna però anche saper riconoscere quando si è riusciti a ottenere il massimo, come nel caso della decisione del parlamento di ieri. Altrimenti finisce che a furia di tirarla, la corda si spezza. E il compromesso salta.
Dai, adesso godiamoci il momento e immaginiamoci come sarà la nostra piccola grande Repubblica fra qualche anno, quando la nuova disciplina sarà entrata in azione (con lo spazio, mica tutto attaccato, come capita ogni tanto).
Due repliche postume
Chi mi conosce sa bene che, se fossi stato un parlamentare della Repubblica, avrei votato assieme a quello sparuto gruppo di parlamentari, sinora ignoti e un po’ idealisti, che ha espresso il suo parere contrario. Dopo il mio articolo sul Corriere del Ticino del 16 maggio (A che serve una nuova materia come l’educazione civica?), mi sono giunti due pareri dissenzienti. Il primo da parte dell’amico e collega Franco Celio, che in Parlamento ha sostenuto il rapporto della Scolastica a nome della maggioranza dei liberali-radicali. Mi ha scritto:
Caro Adolfo, cerco di rispondere a una tua domanda: “Perché nessuno ha detto che questa impostazione (dell’insegnamento della civica) non serve a un fico secco”? Mia risposta: perché non è vero. Credo infatti che un’informazione sulle istituzioni, pur se molto limitata, a qualcosa serva! Del resto, è questo uno dei compiti precipui della scuola pubblica – compito “trasversale” alle varie materie (…) – fin dai tempi del Franscini! E coloro che hanno firmato l’iniziativa (come già la precedente) per “civica” intendevano sicuramente la conoscenza delle istituzioni, affinché non si confondano ad esempio Consiglio di Stato e Consiglio degli Stati, o votazioni ed elezioni, o costituzione e leggi, iniziative e petizioni, eccetera! Il senso civico cui accenni (ad esempio il non “fregare” il fisco) è qualcosa di più complesso, e credo che nessuno si illuda che la scuola possa fare qualcosa per “insegnarlo”, quando molte cose spingono in direzione opposta…
Non me ne vorrà l’amico Franco se, alla sua legittima reazione, faccio seguire la mia breve e informale replica:
1) la nuova materia che è proposta si chiama «Educazione civica, alla cittadinanza e alla democrazia diretta», ed è dunque ben altro rispetto a quel che dici tu.
2) È probabile che l’iniziativa abbia in mente quel che sostieni. Allora, però, evitiamo di scomodare la citoyenneté e la democrazia, che sono cose decisamente diverse: che suona come una bella presa per i fondelli (in realtà l’espressione che avevo usato nell’immediatezza dell’e-mail era un’altra).
3) Davvero siamo convinti che serva una nuova disciplina, che i ticinesi della nostra età potrebbero chiamare “Almanacco Pestalozzi” o “Mentor Campari”? Non voglio essere irriverente, ma siamo un po’ da quelle parti. Possibile che i docenti (ad esempio di storia: ma non è automatico) non siano in grado di far passare quelle quattro nozioni? Tra l’altro: io e te, come le abbiamo apprese?
4) Direi, infine, che se vogliamo sul serio occuparci di democrazia e di cittadinanza la vera battaglia è un’altra, che passa dal potenziamento delle ore di storia (molto più del contrario cui ci costringerà la nuova “disciplina”), a cui aggiungerei obbligatoriamente filosofia e arte della speculazione intellettuale (“materia” multi-disciplinare, con la partecipazione di tutte le discipline umanistiche e di quelle seriamente scientifiche, come la matematica, la biologia e la fisica).
Bisognerà tagliare qualcosa? Certo. Saprei cosa proporre, per impopolare che sia.
Alberto Siccardi, invece, ha pubblicato una sua opinione sul Corriere del 24 maggio: La civica è garanzia di libertà e dignità. L’imprenditore e vicepresidente di Area Liberale ha scritto: «A cosa serve una nuova materia come la civica? Sono lieto di rispondere a questa domanda del signor Adolfo Tomasini, certo che lui non sarà d’accordo con me, ma lieto di dare il mio modesto parere su un argomento, l’insegnamento della civica, che ha caratterizzato la frenetica attività degli ultimi quattro anni miei e di molte persone in Ticino».
E invece no. Sono assolutamente d’accordo con lui su tutta la linea, salvo che sulla soluzione proposta. Non ho mai negato l’esistenza di una grave deficienza civica, non solo tra i giovani e i giovanissimi. Ma continuo a credere che la nuova disciplina scolastica, in griglia oraria e con voto sulla pagella, non servirà a un fico secco. Si veda la risposta informale al collega Franco Celio, o si (ri)leggano in miei tanti contributi su questo tema.
Quindi, incurante degli anatemi lanciati dal quotidiano La Regione, mi auguro che si vada al voto popolare. Continuo a credere che la proposta dell’iniziativa non può raggiungere l’obiettivo a cui tende. Forse un dibattito serio in vista del voto potrà mettere a fuoco l’unica soluzione reale, che sta nell’applicazione coerente dell’art. 2 della Legge della scuola, quello che ne definisce le finalità. La via è quella di un potenziamento delle discipline umanistiche nella scuola – matematica e fisica comprese, per intenderci – e non in una confortevole e inutile nuova disciplina da due ore al mese.