A pochi giorni dalle decisione del Gran consiglio ticinese di inaugurare l’educazione civica come nuova disciplina scolastica a sé stante, con tanto di nota sul libretto (si veda, in questo sito, l’ultimo testo che avevo pubblicato sul tema: Il Ticino sarà presto «Le meilleur des mondes possibles»), giovedì è arrivata la decisione da parte dei promotori dell’iniziativa: hanno deciso di non ritirarla, così che i ticinesi saranno chiamati alle urne (Civica, si andrà alle urne, Corriere del Ticino dell’8 giugno 2017).
Personalmente ne sono lieto. Tutta la faccenda sembrava un po’ folle e grondava di una certa dose di schizofrenia. Non credo che sia utile ripercorrere la cronaca recente del problema. Basti ricordare che l’iniziativa, che era stata sottoscritta da oltre diecimila cittadini, risale al 2013: al Parlamento sono occorsi quattro anni per generare un compromesso che, alla fin fine, non ha convinto nessuno.
L’imprenditore Alberto Siccardi, deus ex machina della proposta, ha detto che «Dopo molte riflessioni sull’opportunità di ritirare o meno l’iniziativa popolare sull’insegnamento della civica nelle scuole ticinesi e dopo aver ascoltato il parere dei promotori al proposito» è giunto alla decisione di non ritirare l’iniziativa, di assumersene pienamente le responsabilità e, dunque, di affidare la decisione finale al responso delle urne. E ha aggiunto: «Per chi un domani volesse ostacolare l’applicazione dell’iniziativa, sarà molto più difficile farlo schierandosi anche contro la maggioranza della popolazione, oltre che solo contro la volontà del Gran Consiglio».
Per quel che mi concerne voterò contro l’iniziativa e contro la decisione del Parlamento. Continuo a pensare che una materia scolastica così concepita non serve a un fico secco. Da segnalare che l’8 maggio l’Associazione ticinese degli insegnanti di storia ha pubblicato una Presa di posizione piuttosto interessante.
Sul quotidiano La Regione dell’8 giugno è invece apparso un articolo molto pregnante di Orazio Martinetti – Prima lezione di civica: Gramsci e Rosselli –, un brillante esempio per tratteggiare uno dei tasselli fondamentali di un’«Educazione civica, alla cittadinanza e alla democrazia diretta» che non si riduca a tre nozioni in croce, tanto per mettere in pace le coscienze sporche.
Ottimo Adolfo. Voglio sperare che il dibattito che nascerà possa evidenziare il vero ruolo della scuola e il senso dell’educazione alla cittadinanza.
….. spero!