Lo “scandalo” di non (ri)conoscere un consigliere di stato di una Repubblica grande come un quartiere di Milano

Qua, a dire il vero, ci vorrebbe la penna di Fortebraccio, il compianto elzevirista de L’Unità. Ma forse va bene anche così. L’insegnante di scuola media che, durante un frivolo quiz televisivo, non ha saputo dire che il faccione dell’immagine mostratale era quello del consigliere di stato Paolo Beltraminelli, ha infiammato i cuori e le menti dei ticinesi.

Così come non è obbligatorio conoscere Beltraminelli, può succedere che qualcuno non sappia di chi e di cosa sto scrivendo. Tra gli altri tanti, ne ha parlato anche il Corriere del Ticino del 25 luglio. Titolo e sottotitolo: QUIZ Beltraminelli: è lui o non è lui? – A «Cash» due concorrenti, una delle quali docente, non l’hanno riconosciuto.

Oddio, il capitombolo televisivo della professoressa può anche sorprendere. Il fatto che insegni storia alla scuola media può scatenare mille invettive, com’è successo a gran parte dei commentatori. Ho letto che il deputato PPD e capogruppo in gran consiglio Fiorenzo Dadò era nientepopodimeno amareggiato (öh, la Pèpa!), tanto da correre in soccorso al collega di partito su Facebook: «Tu da buon sportivo la prendi sul ridere e questo ti fa onore. Ma in realtà c’è da piangere considerato oltretutto che si tratta di una docente! Ma cosa possono imparare a scuola i nostri figli se neppure l’insegnante non conosce chi governa il suo Paese? Mah… speriamo sia l’eccezione. Se no l’è propri grama».

Non mi va questo tentativo strumentale di condannare un’intera categoria di professionisti, come se l’ignoranza dilagante non avesse nulla a che fare con la politica. Non riconoscere il faccione di Beltraminelli può sconcertare, ma certamente non scandalizzare, se almeno resta un briciolo di buona fede. Semmai di scandaloso c’è ben altro.

Dopo l’obbligo di imparare il Salmo svizzero, questo parlamento – o il prossimo, che rischia di non essere troppo diverso – potrebbe anche imporre il riconoscimento dei consiglieri di stato e di altri politici di grido (pensa te che bei test si potrebbero somministrare). Sarebbe un’idea, no? Quand’ero piccolo c’erano l’Almanacco Pestalozzi e l’Almanacco svizzero per la gioventù, che, anno dopo anno, elencavano consiglieri federali e consiglieri di stato, accanto alle formule per calcolare l’area del trapezio e il volume del cubo, passando attraverso i valori del peso specifico. Si potrebbe ripristinare qualcosa del genere, magari in formato elettronico e a colori.

Tuttavia me n’è venuta in mente una. Nel 2003 il nostro Cantone aveva celebrato i 200 anni dalla sua entrata nella Confederazione, avvenuta grazie all’Atto di mediazione del 1803. Verso fine maggio di quell’anno vi fu una grande festa popolare per commemorare un bicentenario così importante, con tanto di «Giornata ufficiale del Cantone Ticino». Ricordo bene un simpatico servizio della nostra tivù. All’uscita di uno dei tradizionali ricevimenti, microfoni e telecamere inchiodarono diversi VIP, per lo più gente dell’arengo politico (e chi altri, sennò?): «Che cos’è l’Atto di mediazione?». Se n’erano sentite di tutti i colori. Per quel che ricordo, solo un giovanissimo Norman Gobbi, all’epoca parlamentare della repubblica, aveva risposto. Correttamente.

E sì che l’Atto di mediazione rischia di essere più importante, nel bagaglio delle nostre conoscenze, di nomi e immagini dei nostri politici. Sarebbe bello fare un test e chiedere a chi sa riconoscere Beltraminelli (senza escluderlo, ovvio) se sa cosa sono l’Atto di mediazione, la battaglia dei sassi grossi e quella di Morgarten, il Patto di Torre e il Sonderbund.

Naturalmente si potrebbero scrivere fiumi di parole per commentare questa storia estiva. Ma, proprio perché siamo in luglio, conviene lasciar perdere. E poi io, come detto, non ho la verve di Fortebraccio.

6 commenti su “Lo “scandalo” di non (ri)conoscere un consigliere di stato di una Repubblica grande come un quartiere di Milano”

  1. L’ignoranza della storia, della geografia, delle lettere, delle arti, del sapere in genere è sicuramente sempre più grande, e se lo è qualche colpa la scuola ce l’ha. Forse un nuovo almanacco per la gioventù (che ricordo anch’io con un certo piacere), magari sotto forma di APP, potrebbe servire a migliorare la cultura generale. La scuola deve tornare ad essere anche umanistica e non solo improntata sulle materie scientifiche e le lingue (vedi ad esempio livelli scuola media), se non si vuole che l’ignoranza imperante abbia il sopravvento.

    1. Verrebbe da dire che «Tanto va la prof al quiz…», con quel che segue. A un altro quiz, qualche anno fa, un maestro di scuola elementare non aveva indovinato un comune (oggi ex) della valle di Blenio, non ricordo se Aquila o Torre. Fin lì nulla di male; poi però si era sentito in dovere di precisare: «Mai sentito che in Ticino ci fosse un comune con quel nome». Patapumfete!
      È chiaro che i quiz televisivi possono essere pericolosi. Se poi fai l’insegnante, e sei dunque un personaggio pubblico e tutti ti aspettano al varco, il rischio di far brutte figure aumenta.
      L’ignoranza, comunque, dilaga. Il problema è quello di sapere quale ignoranza è accettabile e quale no. Per tornare alla nostra professoressa di storia, durante i medesimo quiz aveva faticato a calcolare il 27.43% di 1’000 (che fatica!). Di transenna: qualche anno fa avevo pubblicato un articolo sulla “cultura” dei quiz (La scuola, la cultura e i nipoti di Paperino, 20.04.2005): siamo ancora lì, non c’è nulla di nuovo sotto il solo.
      C’è da sperare, almeno, che la nostra Professoressa sia almeno una brava insegnante di storia.

  2. Sta di fatto che gli allievi ne sanno di più dei professori!
    Hai riportato l’esempio dell’Atto di mediazione, ma ce ne sarebbero altri.
    Godiamoci questa fine di luglio uggiosa.
    Ciao

  3. … la stessa docente, se non sbaglio, ha avuto bisogno dell’internet dei suoi allievi per rispondere ad una banale domanda sull’origine di A. Giacometti. E forse il ticinese medio confonde ancora la Bregaglia con Poschiavo. Questa non è diventata una notizia. E mi fa pensare a quanta mediocrità ci sia nel tematizzare mediaticamente un episodio per poi blaterare interessi politici e seggiole.

    1. Grazie, caro Daniele.
      Certo che il ruzzolone dell’insegnante in questione ha dell’incredibile e ci deve interpellare. Ho la spiacevole sensazione che si tratti di un fenomeno molto attuale: quello dei Fachidioten, fortemente voluti dall’economia e metabolizzati dal sistema scolastico in cui operiamo. Mi sa tanto che gli idioti specializzati siano in crescita un po’ dappertutto, nella scuola, in politica, nei mass-media. L’ignoranza dilaga, assieme al decadimento della lingua italiana e alla consequenziale capacità di pensare.
      Nel frattempo stamane ho letto la stampa domenicale del nostro Cantone. Toh!, mi son detto, per una volta la futilità di centro-sinistra e il populismo di centro-destra si son ritrovati a braccetto. Certo che se per educazione civica lor signori, tanto per citare ancora Fortebraccio, intendono la facoltà di riconoscere volti e nomi di governanti e legislatori siamo per davvero conciati per le feste.
      A quando le figurine dei politici?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.