Quando la scuola “cresce proprio come te”

Sono da sempre un frequentatore occasionale e disordinato dell’universo televisivo, ma mi capita di zigzagare da un canale all’altro, alla ricerca di un momento d’evasione o di qualche stimolo degno di attenzione. È in questo modo che, recentemente, mi sono imbattuto in uno spot per lo meno singolare: mentre le immagini mostrano un ragazzino alle prese con la costruzione di una casa di cubetti, un’enfatica voce fuori campo recita in modo stentoreo i presunti pregi della riforma della scuola italiana, votata nel marzo dell’anno scorso. Lo spot termina con l’immancabile slogan: «La scuola cresce, proprio come te: con l’inglese e il computer». Mi son venuti in mente, simultaneamente, Gendotti e Berlusconi, per cui non ho potuto evitare di andare a curiosare, con malcelato sarcasmo e una punta di capziosità, nel sito del Ministero italiano dell’Istruzione. Vuoi vedere –  mi sono detto sogghignando – che troverò finalmente un chiarimento della berlusconiana “pedagogia delle 3 i”?
Lo so, i pregiudizi son duri a morire: ma devo ammettere che l’ampia documentazione che ho scovato – e che ognuno può consultare digitando www.istruzione.it – rappresenta un tentativo interessante per far sì che l’importante riforma esca dai meandri del burocratese – e, in questo caso, del pedagogichese – nel tentativo di farsi capire dalla gente comune e da tutti quelli a cui una scuola sana ed efficace deve stare a cuore. Perché no, insomma? Perché non utilizzare gli strumenti della divulgazione allo scopo di convincere e farsi capire? Ben vengano, quindi, lo spot televisivo e i quaderni della riforma, indirizzati ai genitori e agli adulti in genere, ma anche ai ragazzi della “nuova scuola secondaria di primo grado”. La lettura di questi documenti, poi, riserva alcuni spunti di un certo interesse, naturalmente accanto ad altre proposte ammuffite, se non già irrancidite. Ma lo sforzo – almeno sulla carta – è notevole.
Intanto questa riforma si offre in tutta la sua complessità: dai programmi ai sistemi di valutazione, dal ruolo degli insegnanti al calendario e all’orario scolastico. Non so se questa innovazione sia più elettoralistica o più Politica; certo ci vuole un bel po’ di pelo sullo stomaco per proporre a livello nazionale un progetto di scuola che prevede per davvero curricoli individualizzati, da realizzare con orari differenziati (a un orario obbligatorio se ne affianca un altro opzionale e facoltativo, di recupero o di approfondimento), con la presenza di un “tutor”, che seguirà ogni allievo per tre anni con mansioni di notevole spessore educativo, e con altri strumenti di un certo rilievo. Persino nel difficile settore della valutazione – un iceberg che riesce da solo a far colare a picco imbarcazioni ben più insignificanti – questa riforma propone un compromesso di grande interesse, con valutazioni sommative biennali, un esame di Stato al termine della scuola media e un secondo tipo di valutazione, che “… concerne la qualità complessiva del sistema scolastico ed è affidato all’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione”, il cui compito è quello di verificare periodicamente ciò che gli studenti hanno imparato e la qualità dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche.
Al di là delle proprie antipatie – non sopporto Forza Italia, col suo Cavaliere plastificato – credo che convenga guardare con attenzione e senza pregiudizi a questo progetto di riforma del sistema scolastico. Magari il disegno resterà sulla carta, travolto da dissensi sindacali o snaturato da questioni che poco hanno a che fare con la formazione; forse tra non molto questo Governo sarà rimpiazzato da un altro, di diversa colorazione – e a quel punto il nuovo Ministro dell’Istruzione ridisegnerà una sua riforma scolastica, naturalmente di segno opposto, tanto per distinguersi. Quanto a noi, così propensi a ritenerci i primi della classe, siamo qui a litigare per un’ora in più o in meno di matematica, col rischio di affossare sul nascere una buona, seppur minuscola, riforma della scuola media.

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